Gli U2 e la tematica del suicidio
La figura della morte è sempre stata presente nella vita degli U2. L’origine della band è proprio quella, la morte della madre del giovane Paul ha originato quel buco nero dentro il ragazzo e da quel vortice confluisce ancora oggi gran parte della forza creativa dei quattro irlandesi.
Lo dice sempre lo stesso Bono che se forse sua madre non fosse morta così presto lui non sarebbe diventato un artista e non avrebbe mai condiviso la vita il palco con The Edge, Adam e Larry.
La tematica che andiamo ad affrontare oggi è solo una delle tante facce della morte ma, contemporaneamente, è una tematica estremamente delicata a causa della sua forte componente etica.
Molte canzoni degli U2 parlano di suicidio – alcune in modo più esplicito di altre – o comunque di persone che hanno quasi varcato quella linea che sembra così lontana da ognuno di noi.
Per parlare di questo argomento bisogna cercare di liberarsi di ogni pregiudizio e da ogni struttura mentale che tutti noi abbiamo. Ognuno può credere in quel che vuole e a quel che vuole ma senza mai giudicare.
Il suicidio è una tematica più grande di noi e che nessuno può giudicare perché è un qualcosa che ha radici, spesso troppo profonde, per qualsiasi processo di analisi psicologica.
Procederemo nella disamina di molte canzoni – andando in ordine cronologico – raccontando le storie da entrambi i punti di vista: chi ha resistito e chi si è arreso. Sono entrambe scelte assolutamente svincolate da qualsiasi ottica vincitore/perdente. Questo è un punto fondamentale.
In Boy troviamo Out of control e A day without me in posizione diametralmente opposte.
Nella seconda canzone Bono veste i panni di Ian Curtis dei Joy Division da poco suicidatosi che vede il mondo che sta lasciando “Look from the outside to the world I left behind / Vedo da fuori il mondo che ho lasciato” e addirittura arriva ad immaginare come sarebbe assistere al suo funerale.
In Out of control Bono ci dice “One day I’ll die, the choice will not be mine / Un giorno morirò, la scelta non sarà mia” e volendo provare ad interpretare troviamo una chiave di lettura che si discosta molto dalle parole dell’altra canzone.
In War troviamo due canzoni che fanno al caso nostro: Drowning man e Surrender.
Per quanto riguarda la prima canzone sul testo c’è poco da dire. Le parole di Drowning man hanno una bellezza glaciale ma al tempo stesso soffice. Sono meravigliose parole di confronto per tutte le persone che sentono di “annegare”, sono parole di incoraggiamento che invitano a contare sull’amore del prossimo. “Take my hand you know I’ll be there – If you can I’ll cross the sky for your love – For I have promised For to be with you tonight And for the time that will come – And I understand These winds and tides – This change of times Won’t drag you away / Prendi la mia mano Lo sai che ci sarò – Se puoi farlo Io attraverserò il cielo per amor tuo – Perché ho promesso Di stare con te questa notte E per il tempo che verrà – E so che questi venti e queste maree – Questi tempi che mutano – Non ti trascineranno via.”
Sono parole meravigliose in cui qualunque anima persa, vicina o lontana da noi, può trovare conforto.
Ma annegare è molto più facile di quanto si possa pensare.
Surrender racconta la storia di Sadie, una ragazza conosciuta da Bono durante il primo tour americano della band e che viveva a New York, che si trova a vivere tra molte più difficoltà di quante ne potesse immaginare.
“Sadie said she couldn’t work out What it was all about And so she let go – Now Sadie’s on the street […] She tried to be a good girl and a good wife Raise a good family – Lead a good life It’s not good enough. / Sadie diceva che non riusciva a funzionare E molla tutto – Ora Sadie è per strada […] Ha provato ad essere una brava ragazza ed una brava moglie Fare una buona famiglia – Condurre una vita buona Ma non è stato buono abbastanza.”
Sadie alla fine è preda degli eventi e si arrende. Lo dice il titolo stesso. Ma cosa vuol dire davvero arrendersi se dobbiamo distaccarci dall’ottica vincitore/vinto?
Gli stessi U2 ma soprattutto Bono ci metteranno molti anni a capirlo e lo vedremo più avanti.
In The unforgettable fire ci avviciamo alla morte da un altro punto di vista ancora: quello della droga, e più precisamente, della piaga dell’eroina.
È una sostanza devastante che nel tempo uccide senza pietà, chi ne dipende sa in qualche modo che rischia di uccidersi.
Wire parla proprio di questo. Nella canzone a più riprese le immagini suggerite dalle parole di Bono descrivono le sensazioni che derivano da questa droga e poi un cuore di pietra e un corpo freddo. “Watch you tear yourself apart / Ti guardo mentre di distruggi”.
L’ancora di salvezza però sembra ancora a portata di mano. Ecco arrivare Bad.
Uno dei pezzi migliori del repertorio degli U2, la canzone sprigiona una potenza emotiva devastante ed è proprio pezzi come questo che risiede l’anima inquieta della band.
Come disse Bono: “[…]Questa è per loro, per tutti quelli che si sono innamorati di un’amante pericolosa: l’eroina. Ma questa canzone è anche per un amico, un amico a cui, nel giorno del suo ventunesimo compleanno, è stata somministrata una dose di eroina talmente potente da ucciderlo. Questa canzone si chiama Bad.” [da U2 – The name of love di Andrea Morandi].
“If I could through myself set your spirit free I’d lead your heart away See you break, break away – Into the light and to the day To let it go and so to fade away / Se potessi liberarti l’anima attraverso me stesso Condurrei altrove il tuo cuore Ti guarderei scappare – Nella luce verso il giorno Lasciare andare e svanire così” e ancora Bono canta della disperazione e dell’impotenza “If I could I would let it go This desperation, dislocation – Separation, condemnation Revelation, in temptation – Isolation, desolation / Se potessi lascerei andare tutto Questa disperazione, distacco – Separazione, condanna Rivelazione , in tentazione – Isolamento, desolazione.”
La prospettiva però si rovescia a Boston nel 2001. Durante l’esibizione live Bono cambia parte del testo ed urla “Not fade away, no no! Not my way / Non svanire, no no! Non è questa la mia strada.”
L’ancora di salvezza di Bad è ben salda.
In The Joshua Tree si continua a parlare di eroina con Running to stand still che racconta la storia di un’altra ragazza, un’altra anima persa.
Qui è ancora la rassegnazione a fare da padrona “I see seven towers, but I only see one way out You gotta cry without weeping, talk without speaking – Scream without raising your voice / Vedo sette torri, ma solo una via d’uscita Devi piangere senza lacrimare, parlare senza dire una parola – Urlare senza alzare la voce.”
Non conosciamo il destino di questa ragazza.
In Red Hill Mining Town inoltre abbiamo la tematica del lavoro, attuale più che mai. La canzone nello specifico parla delle terribili condizioni di vita dei minatori inglesi durante il lungo governo Thatcher.
Pensando alla situazione attuale – e non solo del nostro paese – le condizioni di lavoro o la mancanza di esso possono portare alcune persone a compiere gesti estremi.
“And we scorch the earth Set fire to the sky Stoop so low to reach so high / E noi bruciamo la terra Incendiamo il cielo Ci pieghiamo così in basso per arrivare così in alto.”
Un amore che però si sta “raffreddando nell caverne della notte” è quello a cui ci si può aggrappare se non si vede più un orizzonte.
Allora ci si aggrappa a quel che è rimasto, ci si aggrappa ad un amore che resiste, sebbene abbia visto giorni migliori.
“I’m hanging on You’re all that’s left to hold on to We see love, slowly stripped away Our love has seen its better day – I’m hanging on You’re all that’s left to hold on to I’m still waiting / Sto resistendo Tu sei tutto ciò che è rimasto a cui aggrapparmi Vediamo l’amore, ridursi all’osso lentamente Il nostro amore ha visto giorni migliori – Sto tenendo duro Tu sei tutto ciò che è rimasto a cui aggrapparmi Sto ancora aspettando.”
In Achtung Baby con Love is blindness la nostra chiave di lettura diventa politica. Quella “idea pericolosa che ha quasi senso” è la cieca dedizione ad una causa che può portare una persona a togliersi la vita, magari facendosi esplodere in mezzo a decine di innocenti, con un gesto folle.
Rimanendo negli anni ’90 arriviamo a Pop che ci offre più di uno spunto.
Last night on Earth – traccia numero 6 – è il primo pezzo che incontriamo a tal proposito. C’è chi dice che il pezzo parli di Paula Yates che nel 1995 lasciò Bob Geldof per mettersi con Michael Hutchence, frontman degli INXS. Da qui in poi le storie di Paula e Michael si legheranno a doppio filo con le vite degli U2. A distanza di tre anni l’uno dall’altro, i due si suicideranno entrambi.
Più in generale questo pezzo parla di un certo tipo di persona – con tendenze autodistruttive – con cui ognuno di noi ha avuto a che fare nella vita.
“The future is so predictable The past is too uncomfortable – The clock tells her that time is slipping / Il futuro è così prevedibile Il passato troppo scomodo – E l’orologio le dice che il tempo sta scivolando via” e ancora “She’s living like it’s the last night on Earth – She’s not waiting on a savior to come / Lei sta vivendo come se fosse l’ultima notte sulla terra – Lei non sta aspettando nessun salvatore.”
Un’altra anima persa che ha deciso che quella doveva essere la sua ultima notte sulla Terra.
Ma vediamo come anche in Gone, Please e Wake up dead man il confine con l’abisso è assolutamente sottile ed invisibile in un quadro di desolazione generale dove le ombre sono l’attore principale ed incontrastato.
“You get to feel so guilty Got so much for so little – Then you find that feeling just won’t go away / Ti senti così colpevole Hai così tanto per così poco – E poi scopri che quella sensazione non ti lascerà.”
Ancora poi “You had to win, you couldn’t just pass […] Please, please, get up off your knees Please, please, leave me out of this / Dovevi vincere, non potevi semplicemente andare oltre […] Ti prego non stare in ginocchio Ti prego lasciami fuori da tutto questo.”
E per finire “Jesus, Jesus help me I’m alone in this world – And a fucked up world it is too / Gesù aiutami Sono solo in questo mondo – Ed è un mondo fottuto.”
Queste parole sono desolazione totale su uno sfondo di crisi di valori che si percepisce senza troppa fatica. Le ancore di salvezza qui vengono totalmente a mancare.
Nella colonna sonora del film The Million Dollar Hotel il passaggio da The ground beneath her feet a Never let me go è qualcosa di devastante.
Iniziamo con la perdita dell’amore, e quindi dell’oggetto del proprio desiderio, con la prima canzone. È sicuramente un elemento che può condurre alcune persone a compiere un gesto estremo perché la perdita di quell’amore è insopportabile.
Il passaggio alla seconda canzone è scandito dalle parole di Tom Tom, protagonista del film, che descrivono il momento del salto dal tetto dell’hotel durante il film:
“Wow. After I jumped, it occurred to me. Life is perfect. Life is the best, full of magic, beauty, opportunity, and television. And surprises…lot’s of surprises, yeah. And then there’s the best stuff, of course. Better than anything anyone ever made up, ‘cause it’s real. / Wow. Dopo che sono saltata, mi è venuto in mente. La vita è perfetta. La vita è il massimo, piena com’è di magia, di bellezza, di opportunità e di televisione. E sorpese… tantissime sorprese. E poi arriva il meglio, ovviamente. Migliore di qualsiasi cosa sia stata mai inventata, perché è reale.”
Il discorso potrebbe proseguire anche nella successiva Stateless dove percepiamo ancora un forte senso di smarrimento e desolazione.
Passata la soglia del 2000 arriviamo anche ad All that you can’t leave behind.
Michael Hutchence se n’è andato da ormai tre anni a questo punto, Paula Yates da poco più di un mese.
Stuck in a momen’t you can’t get out of ha radici molto profonde. Queste parole di Bono sono come un lettera per l’amico Michael morto suicida tre anni prima.
I due negli passati avevano parlato proprio del fatto che il suicidio non fosse la soluzione dei problemi eppure il suo amico “Hutch” è ricorso proprio a quella soluzione, In quei dieci minuti di disperazione profonda, quando non è più riuscito a vedere il futuro davanti a sé, se ci fosse stato qualcuno con lui quella tragedia non sarebbe accaduta, se ci fosse stato Bono in quei dieci minuti, Hutch sarebbe vivo.
È solo un momento e può passare ma prima di arrivare a ciò c’è l’abisso: “I was unconscious, half asleep The water is warm ‘till you discover how deep… – I wasn’t jumping for me it was a fall It’s a long way down to nothing at all / Ero inconsapevole, mezzo addormentato L’acqua è calda fino a che non scopri quanto è profonda… – Non stavo saltando per me era una caduta Giù verso il nulla assoluto.”
Secondo questa chiave di lettura possiamo prendere Walk on come contrappeso per dare ancora una nuova speranza. È un atto di coraggio molto personale, è un sacrificio non meno pesante dell’altra soluzione. “And if your glass heart should crack […] oh no, be strong Walk on walk on / E se il tuo cuore di vetro dovesse spezzarsi […] devi essere forte Vai avanti vai avanti.”
Miracle drug non parla strettamente di questo tipo di morte ma possiamo dare ancora una chiave di lettura in questo senso stravolgendo un po’ il senso della canzone in nostro favore.
Nel ritornello, ancora più bello e travolgente nella versione suonata durante le prime date dell’IE Tour, compare ancora una volta il concetto di resa. È facile perdere la bussola o il proprio orizzonte a causa di eventi esterni o di alcune persone così come non ritrovare un amore che si cerca a tutti costi può condurre il qualche modo alla disperazione.
Il ritornello è di quelli che spezzano il cuore.
“The songs are in your eyes I see them when you smile – The songs are in your eyes, oh love… – I’ve had enough of romantic love – I’ve seen enough yeah I give it up – For a miracle – Miracle drug Miracle drug / Le canzoni sono nei tuoi occhi Le vedo quando sorridi – Le canzoni sono nei tuoi occhi, oh amore… – Ne ho avuto abbastanza di un amore romantico – Ho visto abbastanza Mi sono arreso – Ad un miracolo Una medicina miracolosa.”
In No line on the horizon a fare da sfondo a Moment of surrender abbiamo ancora una dipendeza da alcol o forse da eroina.
“I tied myself with wire To let the horses run free – Playing with the fire Until the fire played with me / Mi sono legato con il laccio Per lasciar correre i cavalli (droga, ndr) – Giocando con il fuoco Fino a che il fuoco non ha giocato con me.”
Questa persona ha già oltrepassato quella linea invisibile che porta direttamente sull’orlo del baratro. Perduto in strada è come un fantasma che non viene notato dai passanti e ha gli occhi così vuoti che non li nota neanche lui. È un invisibile, un reietto.
Il protagonista di questo calvario ci dice che nella sua vita ha visto ogni buco nero e che il suo corpo è come un piatto per le elemosina che ormai ha perso il suo ritmo del cuore, della sua anima.
La salvezza però arriva in un volto riflesso sullo schermo del bancomat: “I could see in the reflection A face staring back at me – At the moment of surrender Of vision over visibility / Ho visto nel riflesso Un volto che mi fissava – Al momento della resa Della visione oltre il visibile.”
Di nuovo il concetto di resa. Il protagonista anche qui si arrende ma questo significa però rinascere. È la visione oltre il visibile a salvarlo, come ha detto Bono “È come quando vedi il posto in cui vuoi andare ma non sai come andarci.” È un cammino, un percorso tortuoso di rinascita.
Tutto ciò accade anche in Unkown caller. Un’altra anima persa sta per cadere nel baratro: “I was lost between the midnight and the dawning – In a place of no consequence or company / Ero perso tra la mezzanotte e l’alba – In un posto insignificante e senza compagnia.”
Siamo di nuovo al punto di prima. Quei maledetti dieci minuti di disperazione. Il protagonista è solo e non c’è nessuno che può offrire il suo aiuto.
Nessuno tranne questo chiamante sconosciuto (immaginiamo che ci sia un collegamento religioso con il “3.33” della prima strofa) che salva questa persona dalla disperazione.
“Go, shout it out, rise up Escape yourself and gravity / Vai urla, risorgi Fuggi da te stesso e dalla gravità” e insistendo ancora questa voce gli dice che è libero di andare e ripartire.
Arriviamo dunque a Songs Of Innocence con Sleep like a baby tonight.
Come ormai sappiamo questa canzone parla degli episodi di pedofilia nell’ambito della Chiesa.
Qui è Bono stesso a cantare la parola suicidio nel ritornello, un suicidio forse metaforico. Ma quante storie abbiamo sentito di persone che non si sono mai riprese da abusi fisici e hanno preferito togliersi la vita pur di non vivere con quel peso?
Ancora qui la prospettiva si può rovesciare con l’alternative version di questo pezzo.
Se nella versione che conosciamo il testo riporta “Hope is where the door is When the church is where the war is / La speranza è oltre la porta Quando la chiesa è dove è la guerra” nell’alternative version abbiamo gli stessi due versi con “Home” al posto di “Church” spostando quindi il racconto di questo incubo su un piano domestico.
La fuga appare l’unica e ultima mossa prima di compiere l’extrema ratio.
In Songs Of Experience troviamo The Little Things That Give You Away. Pensando alla tematica qui trattata, in alcuni punti del testo possiamo trovare un aggancio a quei maledetti dieci minuti di dolore e disperazione.
A volte sono proprio le piccole cose a consumarci, quelle cose che non possiamo dire.
Nel nostro caso inoltre si può intravedere anche una richiesta di aiuto che non è stata capita: “I saw you on the stairs You didn’t notice I was there That’s cause you were talking at me, not to me / Ti ho visto per le scale Ma tu non mi hai notato lì Perché stavi parlando a me, non con me”
Le piccole cose che prima attirano e poi tradiscono possono portare una persona più fragile al crollo.
“Sometimes I can’t believe my existence See myself from a distance I can’t get back inside Sometimes the air is so anxious All my thoughts are so reckless / A volte non riesco a credere alla mia esistenza Mi vedo dalla distanza Non riesco a tornare dentro A volte l’aria è così ansiosa Tutti i miei pensieri sono così avventati”
Pieni di rabbia e lutto e prigionieri di una notte infinita. Qualcuno può arrivare a sentirsi così.
Ci vuole ben poco a perdere l’orientamento e la fine non sembra arrivare.
Perché è già arrivata. La fine è già qui.
A volte.
Ed eccoci tornare, infine, alla questione principale. A quella domanda.Cos’è la resa? Cosa vuol dire arrendersi?
Da tutto questo quadro manca una canzone. I will follow.
Questa è la prima canzone che Bono ha dedicato a sua madre e che ha assunto un nuovo significato durante l’ultimo tour.
Bono nel concerto del 26 maggio 2015 a Los Angeles durante il discorso tra Iris e I will follow ha parlato di quest’ultima.
Non ci hanno fatto caso in molti ma in quell’occasione l’ha descritta come una “suicide note” e con ciò Bono ci fornisce un’altra chiave di lettura dicendoci che in questo caso è il figlio che dice alla madre ormai defunta “voglio seguirti”.
Qui c’è il video completo di quel concerto, tra il minuto 19 ed il minuto 21, circa, Bono spiega questa cosa.
È un pensiero terribile che deriva da un dolore fin troppo grande per essere compreso.
Ma ancor di più la canzone ha assunto un nuovo senso quando Bono durante il bridge ha cantato delle nuove parole e questo possiamo vederlo bene nel video live estratto dal concerto di Parigi.
Qui Bono canta “We come here to surrender Surrender to your love […] Mother, you had me but I never had you Mother I still see you / Veniamo qui per arrenderci Arrenderci al vostro amore […] Madre, tu hai avuto me ma io non ho mai avuto te Madre ancora ti vedo.”
Se state pensando che Bono ci abbia messo trentacinque anni ad ultimare I will follow state pensando bene. È proprio così.
Ed è proprio il concetto di resa che finalmente completa questa canzone.
Arrendersi comprende tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora, forse è questa la grande lezione.
Arrendersi significa esserci in quei dieci minuti fatali ma arrendersi significa anche non accorgersi di nulla, non accorgersi di chi è in difficoltà.
Arrendersi significa abbandonare e al tempo stesso resistere.
Arrendersi in entrambi i casi rende liberi.
Sempre e senza soluzione di continuità.
P.S.
“Free yourself to be yourself
If only you could see yourself”
Buon compleanno amica mia.
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