Gli U2 dentro il cuore
“La prima volta che ho capito di amare gli U2 erano gli anni ’90, ero una ragazzina che studiava al liceo, con un fratello maggiore che lavorava ed aveva poco tempo da dedicarmi e due genitori che per mantenerci facevano i salti mortali e lavori da operai molto umili. Spesso passavo in casa da sola in camera con i libri di filosofia o i compiti di matematica da risolvere e dallo stereo passava sempre della musica, o dalla radio o da qualche cd, che sceglievo in base al mio umore.
Nel 1991 mio fratello mi informò che gli U2 erano usciti con un nuovo album, “Achtung Baby” era il titolo. La prima cosa che mi sono chiesta era il perché dell’uso di una parola tedesca, poi mi informai e capii il senso. Achtung Baby era una sorta di ammonimento che da quel momento avevo adottato per scriverlo ovunque, sul diario, sulle lettere di corrispondenza alle amiche lontane. Ascoltai One e decisi che quella canzone sarebbe stata per sempre la più bella canzone di tutti i tempi per me. Più avanti dovetti riconoscere che a quella canzone era legata una parte della mia vita che ancora mi emoziona moltissimo. L’anno seguente, in primavera, iniziò il mio calvario, quello che mi ha accompagnato per gli anni a seguire e i cui strascichi li avverto ancora oggi.
Non mi sono mai considerata bella; a scuola i ragazzi non mi notavano molto, se non perchè andavo bene e studiavo, così si ricordavano della mia presenza nei compiti in classe, soprattutto le versioni di latino.
C’era stato un periodo in cui mi sentivo sotto stress, non potevo parlarne con nessuno in famiglia; così rivolgevo ogni mia ansia nel cibo, in qualunque cosa di commestibile che appagasse un pò i sensi e riempisse lo stomaco. Ma lo stomaco diventava un sacco dentro cui butterci qualunque cosa, anche me stessa se fosse stato possibile. In tv avevo sentito che alcune ragazze come me, si abbuffavano di cibo e poi andavano in bagno a vomitare, così non sarebbero ingrassate ed allo stesso tempo avrebbero potuto mangiare ciò che volevano. Loro erano modelle giovanissime. Quella pratica malata la chiamavano bulimia. Feci anch’io così: fu la fine della mia vita.
Iniziò un circolo vizioso, un vortice da cui io non riuscivo ad uscirne, rovinandomi la salute, l’umore, la stima per me stessa e la voglia di vivere. Qualcuno dice che chi rifiuta il cibo rifiuta la vita; forse è la verità. Io so solo che in quegli anni in cui non potevo parlare con nessuno del mio segreto, gli U2 furono la mia unica ancora di salvezza. Mi ero aggrappata a Bono, alla sua voce, alle sue parole d’amore ed agli ideali in cui credevo profondamente ma che non riuscivo a trovare nelle persone della mia età che conoscevo. One fu una vera e propria folgorazione, fu l’incontro con un ragazzo del mare che amava quanto me gli U2 e che era perdutamente innamorato di me. Fu stupore, meraviglia e nuova speranza. Era l’estate del 93, era la mia rinascita, anche se solo temporanea, ma grazie alla musica degli U2 e ad un ragazzo che indossava una maglietta con la stampa di una trabant, la mia vita sembrava avermi dato una seconda possibilità. Mentre mio fratello andava al concerto dello ZooTv, io, dall’altra parte del paese, ascoltavo gli U2 da una cassetta registrata per me da quel ragazzo. Due cose diverse, ma altrettanto emozionanti.
Purtroppo quella fu solo una parentesi di serenità in un mare di sofferenze, ma quando mi sento mancare il fiato per qualcosa che mi tormenta, cerco gli U2, una loro canzone o una loro versione dal vivo per capire di non essere sola.
Gli U2 sono quattro uomini speciali, la cui musica lenisce le mie piccole ferite e ne consente la guarigione.”
Francesca
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