Intervista a Loris Cantarelli, autore di una nuova biografia su Bono per i suoi 60 anni
Con l’appuntamento del #VivaBono60 per il nostro #HappyBirthdayBono, abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Loris Cantarelli, collaboratore di riviste specializzate a largo raggio d’interessi, con una predilezione per il cinema e i fumetti (sui quali è tra l’altro direttore editoriale del mensile Fumo di China) ma anche la musica rock. Gli appassionati ricorderanno le sue monografie su U2 ed Eric Clapton nella collana “Legends” degli Editori Riuniti, ma soprattutto U2. 1979-2004: 25 anni di inquietudine rock che a non pochi fan ha dato modo di conoscere meglio tanti episodi spesso indagati dai media con superficialità e attenzione altalenanti.
La ricorrenza dei 60 anni di Bono ha offerto l’occasione per un nuovo libro, nella collana “La Storia del Rock – I Protagonisti” della Hoepli diretta da Ezio Guaitamacchi (già al timone delle collane musicali per Arcana Editrice ed Editori Riuniti), specificamente dedicato al cantante e arricchito da una prefazione di Tatiana Pais Becher, storica fan degli U2 divenuta attivista (oggi sindaco del suo paese Auronzo di Cadore, dove si trovano le Tre Cime di Lavaredo nelle Dolomiti) e a sua volta autrice di un paio di volumi fra cui il più recente Le canzoni degli U2.
La pubblicazione si presenta molto ricca, con una divisione in capitoli che abbracciano i diversi periodi della vita di Bono, approfondimenti su episodi e canzoni lungo tutta la vicenda umana e professionale di questi 60 anni (dalla nascita a Dublino, fino al recente brano per San Patrizio ispirato all’Italia in lockdown Let Your Love Be Known ), e ci ha dato la possibilità di contattare Cantarelli (che ci ha fornito alcune “microscopiche” immagini che mostriamo qui in anteprima assoluta) per porgli qualche domanda.
– “Quanto lavoro ci è voluto per tracciare tutti i fatti e gli aneddoti che hai raccolto e raccontato in questa biografia sui primi 60 anni di Bono?”
“Il volume nasce anzitutto dalla documentazione che ho raccolto lungo i decenni (dal primo contatto in tv nel 1984, con Pride sigla finale di DeeJay Television su Italia 1) quando ancora non si parlava di fake news e bufale mediatiche, ma ovviamente toccava sempre verificare luoghi comuni e discrepanze dalla realtà… compresi i più palesi copia-incolla su giornali e riviste, magari propiziati dall’italico vizio di simpatia e antipatie. Oltre a quanto avevo già potuto raccontare nei due libri precedenti, sono nel frattempo usciti nuovi dettagli e testimonianze inedite, mentre la storia andava avanti e negli ultimi vent’anni l’attivismo di Bono metteva a dura prova chi voleva seguirlo.
Quando con Ezio Guaitamacchi e la Hoepli è emersa l’idea di un libro tutto su di lui, ho riorganizzato il tutto per presentarlo in modo scorrevole (e godibile sia per i fan più esperti, sia neofiti e curiosi), cercando di raccontare i tanti aspetti di una personalità così vulcanica in modo pratico e il più possibile esauriente, senza dover fare un’enciclopedia a fascicoli settimanali! (ride)
In questo ha aiutato la struttura della collana, che alla fine mi ha portato a uno sviluppo cronologico in 11 capitoli (il primo sull’infanzia e adolescenza prima d’incontrare gli U2, l’ultimo sulle campagne politico-sociali da Jubilee 2000 a oggi), con in ognuno un box o due d’approfondimento su argomenti specifici e il dietro le quinte di una canzone di quel periodo, oltre a una cronologia precisa lungo le pagine con oltre 300 date significative, 144 foto in bianco e nero e a colori dal 1949 al 2019 spaziando da occasioni ufficiali a curiosità personali, per complessive 256 pagine… un quinto in più del previsto: e ringrazio di nuovo l’editore di non aver tagliato nulla, conscio del valore finale della pubblicazione!”
– “Ad oggi, secondo te, che cos’ha contraddistinto Bono da altri frontman o rockstar?”
“Beh, direi soprattutto la sua “Vox”. Anche se lui si considera prima di tutto un performer, per certi versi lo è meno di altri nomi storici come Mick Jagger o David Bowie e comunque epocali come Peter Gabriel o Freddie Mercury, però è decisamente più rock. Complice la nascita degli U2 in epoca punk – seppur in versione meno nichilista e più legata al do-it-yourself che all’arte e alla moda – e con le possibilità dei concerti negli anni Settanta e Ottanta, per tutta la prima metà della sua carriera le performance live di Bono erano di totale coinvolgimento del pubblico, semplice e diretto, dalla presenza ipnotica grazie alla propria voce e alla sua personalità. Il suo talento è indubbiamente la voce camaleontica e ammaliante e, fintanto che dal vivo c’erano solo una band e il pubblico, era davvero notevole come questo rito collettivo riuscisse a essere anche intimo e toccare ogni spettatore anche nei palasport e negli stadi.
Nella seconda metà della carriera, diciamo dagli anni Novanta in poi, come tutti i quarantenni si è inevitabilmente persa una certa spontaneità, mantenendo però questa capacità di coinvolgimento nonostante i grandi spazi, anche grazie all’andare a esplorare un più ampio spettro di temi e atmosfere, con una rinnovata maturità compositiva ma anche una teatralità nei concerti – via via sempre più tecnologicamente avanzati – che hanno segnato un nuovo standard internazionale per tutti. L’ambizione degli U2 di realizzare dischi e soprattutto spettacoli indimenticabili non è mai venuta meno ed è tuttora costante, il che al loro livello è quasi un unicum nella storia, così come il fatto di non aver mai cambiato formazione fino ai nostri giorni. A questo si è aggiunto il livello di notorietà raggiunto da Bono con le sue campagne per i Paesi poveri, che portandolo perfino sulle copertine di riviste economiche e di politica internazionale, ha amplificato ogni cosa e in qualche caso esasperato i toni in positivo e in negativo… ma è chiaro che, una volta fatta questa scelta per convinzione personale, l’aveva messo in conto sapendo che avrebbe fatto parte del gioco”.
– “Qual è il tuo ricordo più bello legato a Bono e agli U2?”
“Riflettendoci non ce n’è uno in particolare: sono tanti momenti sparsi qua e là tra concerti e videoclip, ma anche incontri e articoli scritti da Bono in prima persona: dettagli che ogni volta mi emozionano (quando dal vivo iniziano Out Of Control o Where The Streets Have No Name) e altri che mi fanno sorridere (quando Bono presenta i compagni “creativamente” o al Live Aid sbuffa girandosi verso di loro mentre accenna a Ruby Tuesday sul finale di Bad), frasi a effetto (“Come rockstar ho due istinti: divertirmi e cambiare il mondo”) e battute sbruffone (la Top 10 List da David Letterman)… Ancor più di altri artisti che hanno decenni di carriera alle spalle, nel caso degli U2 mi piace vedere il tempo che passa ascoltando brani di diversi periodi e guardando concerti distanti tra loro, così da notare le varie interazioni tra i membri della band”.
– “Perché hai scelto proprio Bono e non un altro del gruppo per una biografia così importante? Che cosa ti lega agli U2 e al loro frontman?”
“Con il direttore Guaitamacchi abbiamo brevemente ragionato se dedicare il libro alla coppia Bono & The Edge, così come nella collana Hoepli c’è già stato “Jimmy Page & Robert Plant” e uscirà presto “David Gilmour & Roger Waters”… ma poi abbiamo convenuto quasi subito che, seppur intrigante e poco indagato, il loro rapporto era meno fecondo di quanto lo fosse sviscerare le tante componenti “multitasking” del cantante nel suo rapporto con amici, parenti e colleghi.
Anzi, devo dire che a me è sempre piaciuta la diversità e complementarietà di tutti e quattro nella band, perfino nei modi in cui è cambiata (come il look o nel loro rapporto con i mass media) e in quelli dov’è rimasta incredibilmente inalterata (come i movimenti sul palco)… tanto da darmi un certo fastidio l’ovvio ma banale concentrarsi su Bono in ogni articolo o servizio dedicato in realtà agli U2, che sono forse il perfetto esempio di come un gruppo possa essere superiore alla somma delle parti. Come divertente contrappasso, a parte l’aggiornamento fino alle ultimissime settimane, per questo libro invece sono stato chiamato a ri-raccontare gli avvenimenti della band dal punto di vista specifico del suo frontman (ma anche autore e cantante: tre aspetti non da poco, racchiuse in una sola persona non a caso carismatica), il che consente anche a chi le conosce – magari anche molto bene – di leggerle un po’ come se fosse la prima volta. Un approccio stimolante, che spero piacerà al lettore almeno quanto ha divertito me scriverlo”.
– “È prevista una versione in inglese della tua biografia?”
“Al momento no, ma non si può mai dire. Qualche libro della collana Hoepli come Freddie Mercury è stato tradotto in spagnolo, dove peraltro gli U2 stabilirono l’incredibile record di 115 mila spettatori esaurendo lo stadio Santiago Bernabeu di Madrid nel loro primo concerto spagnolo il 15 luglio 1987… quindi, chissà!”
– “Se avessi l’opportunità di incontrare oggi Bono, che cosa gli chiederesti fra i tre aspetti della
sua vita che hai provato a raccontare?”
“Il sottotitolo che parla di “musica, impegno e spiritualità” è nato anzitutto per segnalare anche al lettore più distratto come, più di tutti gli altri colleghi della sua generazione, parlare di Bono non significa parlare soltanto di musica e al limite del suo impatto sociale, ma di una celebrità che ha consapevolmente abbracciato tutti e tre gli ambiti fin dall’inizio della carriera – direi anzi per costituzione e convinta scelta di vita – in un intreccio inestricabile. E in effetti, durante la fase di scrittura mi sono reso conto ancor di più di quanto sia pressoché impossibile separarli, se non per sommi capi e comodità di esposizione. Come noto Bono ha espresso chiaramente le sue idee in
centinaia d’interviste, che sono tra le principali fonti del libro (pur cadenzate e verificate: come diceva Umberto Eco, è sempre meglio fidarsi delle opere più che degli autori, perché questi potrebbero mentire). Diciamo che, anche se si capisce dalle sue riflessioni condivise via via nei decenni, è proprio su queste istanze convergenti che gli chiederei di raccontarci ancora qualcosa, dopo 60 anni e così tante esperienze a più livelli… oltre al fatto che il suo eloquio è sempre divertente, con quel misto di sintesi geniali e iperboli esagerate che infiamma ammiratori e detrattori”.
– “E infine una curiosità: quale è secondo te il segreto di Bono, capace di far innamorare generazioni di fan differenti in quattro decenni, e creare ancor oggi scene d’isterismo tipico delle rockstar di una volta?”
“Per la verità, quando si parla d’isterismo da fan io penso di più a Elvis e i Beatles, o al limite a Michael Jackson e Simon Le Bon… così come penso che le generazioni più giovani abbiano soprattutto altri riferimenti… Però è vero che i fan (e le fan!) degli U2 e di Bono sono fedelissimi e innamoratissimi da sempre. C’è senz’altro un elemento che avvicina Bono ad altri storici frontman (anche se non tutti, compreso chi quest’elemento non ce l’ha più) e ne spiega in parte il successo: il fatto di essere stato, ed essere tuttora, un sex symbol dal fascino indubbio. Questo catalizza da sempre l’attenzione, nel rock’n’roll e in generale nella cultura giovanile. E anche se il rapporto con la moglie Alison è sempre stato solido (altro esempio rarissimo nel rock, specie a quei livelli), così come nelle interviste dei primi anni Bono rifiutasse sdegnato l’argomento spingendo (come giusto) a concentrarsi sulla musica, è evidente che dal vivo ci abbia platealmente giocato… comprensibilmente, per amor di spettacolo. Ma anche questo fa parte del gioco”.
Ringraziamo Loris Cantarelli e ricordiamo che una copia del suo libro “Bono. La voce degli U2, tra musica impegno e spiritualità” in uscita per Hoepli il prossimo 22 maggio verrà estratta per un
fortunato vincitore, in maniera assolutamente casuale, che la riceverà, a nostra cura e spesa
(ovviamente tenuto conto delle limitazioni delle spedizioni a causa dell’emergenza Coronavirus),
tra le iniziative con cui festeggeremo insieme i 60 anni di Bono il 10 maggio:
#VivaBono60: festeggiamo insieme i 60 anni di Bono il 10 maggio
Foto in evidenza e nell’articolo gentilmente concesse da Loris Cantarelli
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