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Soul al titanio (Parte 3)

Inserito da on maggio 22 – 09:00 | 804 visite

Oggi iniziamo parlando di Pop. O meglio di un pezzo avanzato da quelle sessions: Big girls are best.

La canzone non ricompare fino alla pubblicazione del singolo di Stuck in a moment.
E’ una canzone abbastanza incomprensibile e con un titolo appena politically correct ma la cosa più lampante è che appare come un brano ancora in lavorazione.
Come al solito Edge ci aiuta a comprendere meglio: “Non perderei troppo tempo sul testo perchè è un bel pezzo rock. Io penso che quando Bono parli di ‘ragazze grandi’ intenda proprio ‘grosse ragazze’… non tettone o roba del genere.
Parla di donne che non sono stecchini. Riuscimmo a trovare un quarto d’ora a Los Angeles per finirla. E’ assolutamente approssimativa comunque.”

 

|Lei è ellittica / Anche politica / Tutta spirituale non superficiale / Oh si è tropicale / Si è illogica / Quelle ragazzine delle pesti / Le ragazze grandi sono molto meglio…

 

 

A volte era ed è necessario andar via da Dublino per non pensare troppo.
Da tanti anni ormai la band si rifugia in Provenza nel tranquillo sud della Francia.
Proprio lì durante le sessions preliminari di All that you can’t leave behind fu composta Summer rain.

Ballad semi-acustica e lato B di Beautiful day è una riflessione di Bono sulla pioggia estiva e su come lui ci si sia perso dentro.
Se ci concentriamo possiamo anche vedere un cielo grigio sopra le spiagge provenzali.
“Mi piace molto quella canzone” dice Edge. “Non è però all’altezza degli altri brani del disco. E dispiace a volte far uscire un pezzo così come lato B perchè ha delle potenzialità. Ma è comunque bello per i nostri fans e per noi averlo pubblicato.”

La melodia spensierata può ingannare ma il testo è una profonda riflessione di Bono sul tempo che passa.

 

|Quando smetti di vedere la bellezza / Cominci ad invecchiare / Le rughe sul viso sono una mappa dell’anima
Quando smetti di correre rischi / Resti fermo dove sei / Non stai vivendo realmente anche se pensi di si

Proprio come mi vedi ora / Sempre sarò / Un po’ troppo libero con me stesso

Mi sono perso nella pioggia estiva / E ora non c’è nessun altro

 

 

Il film “Gangs of New York” di Martin Scorsese era, per così dire, nell’aria da anni.
Quando uscì nel 2003 il main theme dei titoli di coda fu affidato agli U2 che composero The hands that built America.

La canzone ai tempi di All that you can’t leave behind ancora non c’era: era solo una melodia embrionale che gli U2 misero da parte e rispolverarono nell’occasione del film.

Inutile dire che siamo di fronte ad una colonna sonora di grande spessore con la quale gli U2 ancora una volta sottolineano quanto sia speciale il feeling tra loro e il cinema (ricordiamo anche Goldeneye per l’omonimo film di 007 e Hold me, thrill me, kiss me, kill me per Batman Forever tanto per dire due nomi.)

The hands that built America parla delle durissime storie degli irlandesi, italiani, polacchi, ispanici e tutte le altre persone che migrarono nella Terra delle opportunità all’inizio del 1900.

 

|Amore mio è lunga la strada che abbiamo percorso / Dalle colline di lentiggini ai canyon di acciaio e vetro / Dai campi pietrosi fino a portare l’acciaio in cielo / Dal cercare nelle nostre tasche una ragione per non dire addio

|Ho visto il tuo viso per l’ultima volta in cielo acquarello / Mentre gli uccelli di mare bisticciavano in un lungo addio / Ho ricevuto il tuo bacio sulla spuma delle stella della nuova terra / Bisogna vivere con i propri sogni e non renderli impossibili

 

|Queste sono le mani che hanno costruito l’America (Russi, Sioux, Olandesi, Irlandesi, Italiani)

 

 

 

Appuntamento a martedi prossimo solo su U2360GRADI.it!

 

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