Perché amiamo gli U2?
Le canzoni? I dischi? Bono? La chitarra di Edge? Sì, ma non solo. Dietro alla passione per gli U2 c’è molto altro: i nostri sogni…
Perché amiamo gli U2?
Di Andrea Morandi *
Perché amiamo tanto gli U2? Me lo sono chiesto spesso, e continuo a chiedermelo ogni volta che Edge attacca le prime note di Where The Streets Have No Name e io mi trovo a vagare con la mente in un posto imprecisato, tra l’America e i miei ricordi. Li amiamo perché hanno composto grandi canzoni? Sicuramente. Perché hanno segnato la nostra vita con i loro pezzi? Indubbiamente. Ma c’è dell’altro. Amiamo gli U2 perché con la loro musica ci hanno insegnato a essere delle persone migliori, a ambire verso qualcosa di alto che, probabilmente, non abbiamo trovato, ma che continuiamo a cercare. Dimenticate la retorica (vuota) di chi parla di rockstar miliardarie e di superuomini che vivono fuori dalla realtà, dimenticate i luoghi comuni e perfino le banalità da fan: qui parliamo di emozioni, sentimenti puri e immediati che nascono quando ascoltiamo One o Bad, fosse anche per la milionesima volta.Perché? Semplicemente per un motivo: perché non basta mai. Quante volte dobbiamo meravigliarci davanti a un disco come Achtung Baby per dire di esserne stufi? Quante volte sentire Joshua Tree prima di dire che era l’ultima volta? E ancora, quante volte riascoltare Cedars of Lebanon per riuscire a percepire la disillusione che contiene? Gli U2 non sono note, sono sogni. I nostri. E ognuno di noi ne ama e ne custodisce un angolo diverso: c’è chi nel 1983 ha ascoltato New Year’s Day e non ne è più uscito, chi si è fatto condurre lontano dall’albero di Giosuè, chi è rimasto affascinato dall’ermetismo di Mofo e chi dal fragile sentimento di Love Is Blindness. Perché alla fine, oltre l’abbraccio collettivo del Flaminio e dell’Olimpico, oltre San Siro e Torino, oltre Zurigo, New York, Belfast e Berlino, quando si alza il volume e iniziano le canzoni siamo sempre noi, da soli, con loro quattro di fronte. Ogni volta che mettiamo le cuffie dell’iPod, ogni volta che alziamo lo stereo in macchina, ogni volta che la radio ci sorprende: il dialogo è sempre tra ciascuno di noi, come individuo, e quei quattro ragazzi venuti da Dublino. Ed è proprio lì che accade qualcosa, è sempre in quella breve distanza tra le nostre orecchie e la fonte del suono che avviene la magia e prende vita un mondo di emozioni, sogni, ricordi, ambizioni e lacrime. E quindi, ritornando alla domanda iniziale: perché amiamo tanto gli U2? Perché gli U2 siamo noi. E tutto quello che vorremmo essere.
*Critico musicale e autore di U2 – The Name Of Love (Arcana)
Per commenti e opinioni: (Facebook di Andrea Morandi)
prossimo appuntamento a lunedi 12 settembre