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L’incertezza come guida: gli U2 di “Zooropa”

Inserito da on luglio 11 – 10:19 | 420 visite

“Uncertainty… can be a guiding light”: così canta Bono nella canzone Zooropa, traccia di apertura dell’omonimo album, di cui abbiamo da poco celebrato il trentennale. Quella descritta dalla canzone è un’Europa senza bussola, senza mappa né religione, che non può tornare indietro, a un passato che non esiste più e viene paragonata a una bambina che deve abbandonare il proprio nascondiglio nel sottosuolo per affrontare un viaggio attraverso la notte.
Non ci sono più certezze in questo mondo post-ideologico alle soglie del nuovo millennio e gli U2 accettano la sfida di raccontarlo, nella ricerca di una luce autentica, che possa fare da guida al cammino dell’uomo contemporaneo, che appare stordito e illuso da troppe luci effimere e artificiali. È il tema di fondo dello ZooTvTour, di cui il disco Zooropa costituisce uno sviluppo e un completamento. Il principale riferimento teorico per questo concept è probabilmente il pensiero del sociologo francese Jean Baudrillard, secondo il quale la funzione dei moderni mezzi di comunicazione di massa è quella di «neutralizzare il carattere vissuto, unico, fattuale del mondo, per sostituirvi un universo multiplo di media omogenei gli uni agli altri, i quali si significano e si rinviano l’uno all’altro» da cui scaturisce l’idea di «un mondo visualizzabile a piacere, suddivisibile a piacere, leggibile per immagini» (J. Baudrillard, La società dei consumi. I suoi miti e le sue strutture). Conseguenza di ciò è l’insensibilità e l’apatia, che gli U2 descrivono efficacemente con la canzone Numb, nella quale The Edge, con voce monotona e inespressiva, impersona proprio l’uomo privo di emozioni e creatività, reso completamente abulico dal bombardamento continuo di sollecitazioni visive e di messaggi.
È possibile, in un contesto simile, trovare una luce che possa fare da guida, un barlume di verità in mezzo alla finzione, un messaggio pregno di significato in mezzo a tante parole vuote? Partendo da questa domanda possiamo accostarci alla canzone che costituisce non solo il capolavoro dell’album, ma anche una delle vette di tutta la produzione della band di Dublino. Stiamo parlando ovviamente di Stay (Faraway, So Close), composta inizialmente per fare parte della colonna sonora del film “Così lontano, così vicino” di Wim Wenders (sequel de “Il Cielo sopra Berlino”, uscito sei anni prima). Come è noto, entrambi i film hanno come protagonisti alcuni angeli, creature che si muovono sopra e dentro la città, affiancandone gli abitanti ed entrando in qualche misura in relazione con essi. Particolarmente illuminante risulta il seguente dialogo tra due di essi, Raphaela e Cassiel:

Raphaela: “È diventato così faticoso amare qualcuno che scappa da noi con il cuore sempre più indurito. Perché ci evitano sempre di più gli uomini?”
Cassiel: “Perché abbiamo un nemico potente Raphaela. Gli uomini credono al mondo molto più che a noi.”
Raphaela: “E per potergli credere molto di più si sono creati un’immagine di ogni cosa. Con le immagini pensano di potersi liberare delle loro angosce, pensano di aver realizzato le loro speranze, appagato i loro piaceri, placato i loro desideri”.
Cassiel: “Gli uomini non hanno assoggettato la terra, ne sono diventati sudditi”.
Raphaela: “Ti ricordi com’era facile un tempo? Siamo apparsi a loro e abbiamo instillato parole nei loro cuori, potevamo dire: «Non avere paura, perché io ti annuncio…»”
Cassiel: “In un periodo in cui eravamo le uniche voci. Oggi agli uomini vengono annunciate, giorno dopo giorno, nuove bugie, sempre più violente, volgari, pressanti, che li rendono insensibili e incapaci di dare ascolto al nostro messaggio”.

Da questo dialogo si comprende come il film affronti esattamente lo stesso tema dello Zoo Tv e della canzone Numb, ovvero delle troppe voci che giungono dai mezzi di comunicazione di massa e che rendono insensibile il cuore degli uomini. È significativa, in modo particolare, la frase di Raphaela che evoca i racconti di annunciazione della Bibbia, il più celebre dei quali è quello che ha per protagonista Maria nel vangelo di Luca: è la voce di Dio che cerca di farsi ascoltare dagli uomini, ma che oggi sembra non riuscirvi più, perché coperta e soffocata dal rumore di fondo che riempie ogni spazio della società postmoderna.
Tornando al film, a un certo punto l’angelo Cassiel dà voce a un desiderio, che fornisce la chiave di lettura per ciò che poi avverrà:

“Come vorrei essere per una volta uno di loro, vedere con i loro occhi, ascoltare con le loro orecchie, e decifrare come vivono il tempo, e subiscono la morte, come sentono l’amore e percepiscono il mondo. Essere uno di loro, per diventare un più luminoso messaggero di luce in questa epoca buia”.

La scelta di Cassiel sarà, in effetti, quella di diventare uomo, accettando tutti i rischi e limiti della nuova condizione (primo fra tutti la mortalità stessa). L’angelo si rende conto, infatti, che per portare veramente la luce agli uomini deve essere come loro, condividerne la stessa natura. La canzone riprende il tema, dando voce prima di tutto all’impossibilità di un rapporto pieno tra l’angelo e la creatura umana, che sono vicini ma allo stesso tempo lontani, per cui un incontro reale tra i due non è possibile:

“And if you look, you look through me / And when you talk, it’s not to me / And when I touch you, you don’t feel a thing / If I could stay, then the night would give you up”

La vicinanza non può diventare una reale prossimità, perché manca la consistenza della corporeità, la condivisione della stessa natura. Nella strofa successiva c’è un riferimento alla TV satellitare attraverso la quale si può andare dappertutto, trovandosi quindi «così lontani e così vicini» a ciò che si guarda: abbiamo dunque un rimando al tema dello Zoo Tv (che è, come abbiamo visto, uno dei temi toccati anche dal film). Il finale descrive la caduta dell’angelo, la sua discesa nella condizione mortale:

“Three o’clock in the morning / It’s quiet, there’s no one around / Just the bang and the clatter
As an angel runs to ground / Just the bang and the clatter / As an angel hits the ground”

Nel film l’angelo Cassiel sceglie di diventare uomo per salvare la vita di una bambina. La canzone termina con il rumore generato dall’impatto con il suolo del protagonista angelico, che adesso ha un corpo e condivide la pesantezza e la mortalità delle creature umane.
Il connubio artistico Wenders-U2 ha dato vita in questo modo a un’opera di grande spessore poetico, che si presta ancora oggi, a trent’anni di distanza, a molteplici spunti di riflessione: nell’epoca di Instagram e Tiktok, le questioni poste da Zooropa, dallo ZooTv Tour e dagli angeli wendersiani sono attuali come non mai. Che significato può avere per noi oggi questo impatto dell’angelo sul suolo, questa sua scelta di diventare uomo?
Il messaggio più immediato che la canzone e il film sembrano volerci comunicare riguarda il primato dell’amore: ciò che spinge gli angeli a rinunciare ai privilegi della propria condizione, accettando di rendersi vulnerabili e mortali, è il desiderio di amare le creature umane, arrivando a comunicare in pienezza con loro; questo comporta l’abbracciarne la stessa condizione e natura. L’amore, per essere comunicato pienamente nella dimensione umana, ha bisogno di un corpo. Non possiamo fare a meno, a questo punto, di guardare agli angeli wendersiani secondo una prospettiva cristologica: per la fede cristiana è il Figlio di Dio che ha scelto di diventare uomo, spogliandosi della propria condizione divina e accettando di sottoporsi alla morte per comunicare il proprio amore in pienezza agli uomini. È ciò che Paolo proclama in Filippesi 2: «Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne come un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo, diventando simile agli uomini». È l’amore che porta a rinunciare ai propri privilegi, alla propria posizione di superiorità, per scendere, abbassarsi e condividere il peso (cristianamente, la croce) della vita umana.

Se dunque una risposta che salvi dall’inconsistenza e dalla superficialità dei nostri tempi può essere trovata, così sembra raccontarci la metafora angelica, essa non potrà che venire da un amore che abbia le caratteristiche espresse dal mistero cristiano dell’Incarnazione, un amore che nasce in cielo e prende dimora sulla terra.
Più che offrirsi come una realtà acquisita, la rivelazione di questo amore appare come l’oggetto di un desiderio, di una speranza. Ecco che, allora, lo spirito con cui dobbiamo affrontare questi tempi è quello dei cercatori, dei viandanti. Gli U2 affidano questo messaggio, che conclude l’album, alla voce profonda di Johnny Cash, interprete della canzone The Wanderer. Il vagabondo protagonista della canzone appare come un personaggio bizzarro che si muove in un contesto post-apocalittico. Bono ha dichiarato di essersi ispirato al libro di Qoelet, del quale ha sintetizzato così il significato: «È la storia di uno spirito intellettuale vagabondo. Il predicatore vuole scoprire il significato della vita e così prova un po’ di tutto. Prova la conoscenza, si erudisce, legge tutti i libri, ma non basta. Prova a viaggiare, vede ogni posto possibile, ma non basta. Prova il vino, le donne, la musica, ma non basta. Tutto, dice, è vanità, vanità delle vanità, che cerca di catturare il vento» (U2 by U2, 249). Così anche il protagonista della canzone:

“I went out there
In search of experience
To taste and to touch
And to feel as much as a man can
Before he repents
I went out searching
Looking for one good man
A spirit who would not bend or break
Who would sit at his father’s right hand
[…]
Now Jesus, don’t you wait up
Jesus, I’ll be home soon
Yeah, I went out for the papers
Told her I’d be back by noon
Yeah, I left with nothing
But the thought you’d be there too
Looking for you”

L’incertezza che tutti viviamo non deve dunque condurci alla rassegnazione ma spingerci a cercare, a essere in cammino, nella speranza che arrivi, prima o poi, il momento di un incontro decisivo, l’incontro con un amore che abbia la sua origine in cielo, nella città di Dio, e la sua manifestazione sulla terra, nella città degli uomini, e possa così finalmente dare risposta alle domande più profonde che abitano il nostro cuore.

 

 

Articolo a cura di Fra Federico Russo

Video © U2

Photo © Kevin Davies

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