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Il nostro bagaglio è “All That You Can’t Leave Behind”

Inserito da on ottobre 30 – 13:00 | 483 visite

A volte bisogna chiedersi se si è pronti per alcune fasi della nostra vita, a volte una canzone, a chi la scrive o a chi l’ascolta, sembra arrivare puntuale ad indicarti la strada, aprirti gli occhi e a darti quella forza per affrontarla.

Questo avrà pensato Bono ormai più di 20 anni fa scrivendo alcuni brani che sarebbero poi andati a finire su quell’album che proprio in questi giorni compie il suo 20° anniversario dalla pubblicazione originaria: All That You Can’t Leave Behind.

Già la copertina di questo 10° album da studio degli U2 appare emblematica: fra gli scatti per le session fotografiche di Anton Corbijn all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, ne viene scelta una con Bono, The Edge, Adam e Larry, ognuno fermo a pensare “E ora dove andrò?”

Bono, soprattutto, aveva vissuto un periodo di transizione; la vita gli aveva posto davanti nuovi problemi e situazioni dell’età matura da affrontare, e lui aveva riversato tutto questo sul nuovo album.

Cosa avrà pensato scrivendo Beautiful Day?

Il cantante arrivò a scrivere questo brano dopo un presagio di morte: aveva creduto di avere un cancro alla gola. E così, davanti a questo pensiero sconvolgente, che non aveva confidato né a sua moglie Ali né ai compagni di band, aveva scelto di avere un altro erede. La situazione si risolse poi con una biopsia negativa e un bambino che sarebbe arrivato 11 mesi dopo, Elijah Bob Patricius Guggi Q (17 agosto 1999). Bono non si sarebbe fatto vincere da una probabile malattia, avrebbe comunque vinto lui, in ogni caso, lasciando al mondo un segno d’amore e speranza: un nuovo bambino.

“It’s a beautiful day, the sky falls
And you feel like it’s a beautiful day
It’s a beautiful day
Don’t let it get away”

Allo stesso tempo, un’altra difficile situazione nella sfera familiare lo affliggeva: il padre Bob aveva un cancro, questa volta reale, da diversi anni.

Con questa situazione a pesargli sull’animo Bono scriverà Kite.

Quel padre distaccato, burbero, per cui il figlio rockstar mondiale era ancora “il piccolo Paul”, come se il tempo li avesse cristallizzati al tempo della morte della moglie e madre Iris, se ne stava per andare per sempre. E Bono, in quella situazione, prese coscienza di essere diventato un Uomo, che ormai poteva vedere senza filtri le ombre e le sofferenze dietro gli occhi di quel genitore che lo aveva cresciuto da solo. Quando muoiono i genitori si spezza il filo che ci tiene legati ad essi, si matura nella sofferenza e ci si rende conto di quello che ci hanno lasciato. Bono scrisse Kite convinto che la canzone parlasse di una giornata trascorsa in compagnia delle due figlie a Killiney, a rincorrere aquiloni, ed invece, ad avvenuta morte del padre (nell’agosto 2001, in pieno Elevation Tour), si rese conto che quella canzone era già un primo saluto inconsapevole al padre, ma non un addio.

I’m a man, I’m not a child
A man who sees
The shadow behind your eyes

Who’s to say where the wind will take you
Who’s to know what it is will break you
I don’t know which way the wind will blow
Who’s to know when the time has come around
Don’t wanna see you cry
I know that this is not goodbye”

Cosa ispirò invece Bono nello scrivere la toccante Stuck in a Moment You Can’t Get Out Of?

Un altro evento sconvolgente nella vita di un uomo: la perdita di un amico vero, fraterno. Il 22 novembre 1997 moriva suicida Michael Hutchence, leader degli INXS, con cui il cantante degli U2 aveva incrociato la sua strada molti anni prima, e con cui si era instaurata una bella ed autentica amicizia.

La canzone fu uno sfogo rabbioso di Bono con l’amico per il gesto che aveva compiuto: i due si erano promessi reciprocamente che non sarebbero mai arrivati a quel punto, si sarebbero cercati reciprocamente in caso di bisogno. Bono parla di quei 5 minuti, che molto probabilmente ogni essere umano affronta prima o poi nella propria esistenza: quei 5 minuti in cui sei solo e non riesci a rialzarti da qualcosa che ti ha colpito, abbattuto, ma per i quali devi avere la forza di aspettare che passino…anche quei 5 minuti diventeranno un bagaglio da portarsi dietro nella vita, a monito del fatto che ogni cosa passa, bisogna solo trovare il coraggio per affrontare tutto.

“And if the night runs over
And if the day won’t last
And if your way should falter
Along the stony pass
It’s just a moment
This time will pass”

Altri insegnamenti da portarsi dietro come un bagaglio sono anche fra le parole di Peace on Earth e Walk On.

Peace on Earth, scritto da Bono al tempo dedicato agli attentati di Omagh, in Irlanda del Nord, del 15 agosto 1998, oggi può assumere un’altra chiave di lettura.

Quell’attentato gettò Bono in una profonda crisi religiosa, infatti il brano si apre, polemicamente, parlando del paradiso in Terra citato nei Vangeli. Un uomo che ha vissuto la sua infanzia fra gli attentati, non può accettarli ancora in età adulta; la sua domanda ricorrente era, a questo punto, “Dov’è Dio? Perchè permette questo?”. Ed oggi, anche noi ci chiediamo perchè ancora accade tutto questo? Anche noi attraversiamo le nostre personali crisi religiose in momenti o situazioni che non riusciamo a spiegarci. Assistiamo ancora a troppi attentati nel nome della religione o a ingiustizie per il solo colore della pelle.

“Heaven on earth
We need it now
I’m sick of all of this
Hanging around
Sick of sorrow
Sick of pain
Sick of hearing again and again
That there’s gonna be
Peace on earth”

Dapprima dedicata alla leader birmana Aung San Suu Kyi, Walk On, invece, è stata poi successivamente ‘ripensata’ come un inno alla libertà.

Libertà di cui abbiamo bisogno oggi più che mai: nel 2020 siamo in una gabbia pronti a volare ma bloccati da un nemico invisibile. Nel testo quel ‘Stay safe tonight’ è così attuale. Stiamo al sicuro ‘in questa notte buia’ per poi continuare a camminare liberi ‘domani’.

“A singing bird in an open cage
Who will only fly, only fly for freedom
Walk on, walk on
What you’ve got they can’t deny it
Can’t sell it, or buy it
Walk on, walk on
Stay safe tonight”

Noi siamo pronti a queste canzoni ed ai loro messaggi?

Soprattutto oggi, a distanza di 20 anni, in un anno sconvolgente per le sorti del genere umano nel mezzo di una pandemia, ci domandiamo: “Siamo pronti a questo? Siamo pronti a dei cambiamenti nella nostra vita? Cosa perdiamo se non lo siamo? Cosa guadagniamo se invece ci sentiamo disposti ad affrontare il cambiamento?” E torna anche la domanda dei quattro in copertina: “Ed ora dove andrò?”.

“Siamo pronti all’amore incondizionato? Siamo pronti ai lasciti affettivi dei nostri cari? Siamo pronti a riporre speranza nel fatto che prima o poi ogni situazione si risolverà? Siamo pronti a continuare a camminare orgogliosi e liberi per la nostra strada? Siamo pronti ad un mondo migliore con nessuno che correrà più solo per sopraffarre l’altro?”

Solo il tempo ci darà le risposte, dobbiamo solo vivere le nostre vite con amore e con una convinzione: il nostro bagaglio è tutto ciò che non possiamo lasciarci alle spalle!

“And love is not the easy thing
The only baggage that you can bring…
And love is not the easy thing
The only baggage you can bring
Is all that you can’t leave behind”

 

Articolo a cura di Daniela @daniDpVox

Foto in evidenza © Anton Corbijn

Video © U2, via dolenc1234, via brodieman1999

 

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