Speciale The Edge: Boy e il Boy Tour (1980-1981)
Nella scorsa puntata dello “Speciale The Edge” abbiamo parlato dello stile del chitarrista degli U2 nella fase dei cosiddetti “early days” della band irlandese, analizzando qualche demo e i primi singoli. Abbiamo visto come il nostro chitarrista si sia evoluto, sulla scia delle tendenze musicali di fine anni ’70, a tal punto da introdurre fin dagli inizi una propria tecnica e un proprio sound.
Dopo aver pubblicato 11 O’Clock Tick Tock, per gli U2 era arrivato il momento di lavorare al primo album da studio, e nelle loro intenzioni volevano affidarne la produzione proprio a Martin Hannett, che già aveva curato l’uscita del singolo. Tuttavia il suicidio di Ian Curtis dei Joy Division scosse Hannett (che, ricordiamo, essere il produttore di questi ultimi) al punto di abbandonare ogni progetto in essere; pertanto gli U2 furono costretti a cercare un nuovo produttore. La scelta ricadde su Steve Lillywhite, un giovane produttore inglese, delle file della Island Records, che all’epoca era particolarmente noto per aver prodotto band post-punk quali gli Ultravox, i Siouxsie and The Banshees, oltrechè Peter Gabriel. Il primo singolo estratto da Boy, e prodotto da Steve Lillywhite, fu A Day Without Me, rilasciato dagli U2 il 18 agosto 1980.
Le sessioni per le registrazioni di Boy avvennero, per la maggior parte, tra luglio e settembre 1980, e si svolsero all’interno degli Windmill Lane Studios di Dublino. Il primo album da studio degli U2 è stato pubblicato il 20 ottobre 1980.
In questa fase, The Edge ha da poco acquistato la sua emblematica Gibson Explorer, che alterna sul palco con una Fender Stratocaster degli anni ’70; proprio la prima verrà usata per registrare l’intero album assieme all’ormai già fidato 1964 VOX AC30TB e il Delay Memory Man. Nel complesso dell’album lo stile di The Edge è molto coerente, non compone parti di chitarre fine a se stesse bensì crea delle ritmiche che si incastrano perfettamente con il basso e la batteria che, in questa fase, risentono moltissimo dell’influenza Punk. Possiamo dire che le chitarre sono molto presenti e hanno parti anche abbastanza elaborate; peculiarità questa che negli anni a venire, seguendo l’evoluzione della band, verrà meno in favore di una sezione ritmica meno ricca ma più incisiva e, se vogliamo, uniforme.
Seppur lo stile di The Edge sia coerente per tutto l’album per stile e per sound, non bisogna commettere l’errore di pensare che tutte le canzoni siano nate o pensate allo stesso modo. Infatti, non dimentichiamo che diverse canzoni, che già facevano parte delle scalette live della band, furono arrangiate nuovamente, offrendo alla chitarra spunti per arricchire la propria parte o modificarla; altre canzoni, come Into The Heart e The Ocean, nacquero proprio durante le sessioni di registrazione. Pertanto analizzeremo, in questo articolo, ogni canzone di Boy, approfondendo le peculiarità della sua chitarra attraverso l’analisi dei suoni usati da The Edge, e le parti che ha composto.
I Will Follow
Traccia di apertura dell’album e secondo singolo estratto da Boy, I Will Follow si apre con uno dei riff di chitarra più incisivi della band: non a caso questa sarà l’unica canzone da Boy ad essere sempre suonata ad ogni tour degli U2, consacrandosi ad oggi come la canzone più eseguita live dalla band irlandese. Per ammissione dello stesso Bono, il riff con cui inizia ls canzone fu proprio lui a comporlo, in un momento di frustrazione in sala prove: non riusciva a riprodurre un suono che aveva in mente, r così finì per strappare la chitarra dalle mani di The Edge per potercisi cimentare. The Edge suona questo riff di introduzione con un leggero Delay ad ottavi quasi impercettibile, ma fondamentale al fine di riempire la canzone, dando la sensazione quasi che ci siano due chitarre (espediente ampiamente utilizzato per tutto l’album). Nella strofa esegue i powerchords alti di Mib e Reb con una tecnica chiamata palm-muting, che consiste nel suonare una determinata parte stoppando le corde con la mano destra, alternata all’arpeggio degli stessi accordi. La resa di suono della combinazione di queste due tecniche conferisce alla canzone una dinamica molto particolare, e tutto ciò è reso possibile dal Vox che ha proprio come caratteristica peculiare quella di conferire più o meno saturazione al suono, in base al tocco del chitarrista sulle corde nel canale Top Boost. Possiamo affermare che The Edge quando usa il palm muting sembra suonare con una saturazione molto bassa, usando un suono quasi pulito, mentre quando arpeggia (complice anche il modo in cui usa il plettro) il suono tende a sporcarsi leggermente sulle corde a vuoto dando all’ascoltatore un senso di “apertura”. Nel ritornello infatti, dove la canzone per definizione si “apre”, The Edge usa solo l’arpeggio suonando le stesse note della strofa ma con una dinamica e un tocco più decisi. La parte però migliore della canzone arriva dopo il secondo ritornello quando le dinamiche della canzone si abbassano di colpo: la batteria scandisce i quarti, il basso si muove su un giro più “liquido” e meno “punk” rispetto all’intera canzone, Bono tocca il vertice del suo lirismo e invoca la madre, ed Edge ci ricorda che uno dei suoi tanti marchi sono gli armonici, che, in questa canzone, non coprono una corda soltanto come in 11 O’Clock Tick Tock, ma tutte e sei, specificatamente nel dodicesimo, settimo e quinto tasto della tastiera della chitarra. Così facendo conferisce a questa parte di canzone una forte componente spaziale ed eterea, di fatto non sembra una chitarra, quasi un carillon.
Twilight
La seconda traccia di Boy si apre con un arpeggio di chitarra non particolarmente aggressivo, e in questo tratto si può percepire la sovraincisione più bella di tutto l’album. Infatti in questo arpeggio iniziale, si possono ascoltare con precisione due chitarre distinte; una prima con un arpeggio senza delay, nel canale sinistro, e una seconda chitarra, che esegue il palm muting sulle prime due note, ed enfatizza la corda vuota dell’ultima nota dell’arpeggio in delay ad ottavi, nel canale destro. Twilight contiene tutte le principali tecniche simbolo di The Edge, quali l’uso dei bicordi alti, gli arpeggi, l’utilizzo degli armonici. Nel brano è presente anche un assolo che inizia con un climax di bending (dall’inglese to bend curvare, piegare), che va quasi a simulare un lamento, per poi cambiare e diventare un assolo monocorde, alternando corde vuote e note ascendenti fino alla ripresa del ritornello. Ho provato a simulare l’effetto stereofonico conferito dal riff iniziale, e potete ascoltare il risultato dell’esperimento nella traccia audio presente qui sotto:
An Cat Dubh
Questo brano si apre con un sinistro arpeggio di chitarra, che subito delinea il sound della canzone, rispecchiandone il titolo (la gatta nera). Lungo tutta la canzone The Edge mantiene una dinamica molto coesa, alternando i soliti bicordi alti con gli arpeggi senza particolari acuti. Si segnala alla fine del brano un breve assolo semplice, in pieno stile The Edge dell’epoca, che sfocia poi in Into The Heart.
Into The Heart
La canzone si apre con una sequenza di sola chitarra, proveniente dal finale di An Cat Dubh che non è un vero e proprio assolo, ma un insieme di arpeggi e accordi pieni alternati ad un dolce glockenspiel. Bono afferma come questo per lui sia uno dei momenti più belli dell’album: “[…] Edge che rompe le regole del punk rock e suona una specie di tema di chitarra, quasi un assolo, lungo una vita. E’ fantastico.” (U2 By U2). Assolutamene da ricordare è il fatto che queste due canzoni, nell’edizione americana, non siano state divise ma unite in una sola traccia di 8 minuti e 14 secondi o, come in alcune rare versioni, hanno durata differente, a sottolineare come queste due canzoni abbiano una loro continuità e una loro coerenza.
Out of Control
Se Into The Heart ci aveva, in qualche modo, offerto uno spunto di riflessione su come gli U2 siano in grado di sperimentare, e fare di una canzone un’improvvisa Jam session strumentale, ecco che arriva il loro cavallo di battaglia live fino ad allora: Out Of Control. Questa canzone ci ricorda come gli U2 siano una forza della natura, e questa energia si riesce a percepire anche nella resa da studio del brano. Infatti, la canzone oltre ad essere stata suonata live moltissime volte, aveva già fatto la sua comparsa nell’EP Three; tuttavia nella sua nuova versione in Boy si può cogliere un lavoro molto più approfondito e professionale dietro a quella che può essere considerata, solo in apparenza, una semplice canzone punk. A mio pare la versione contenuta nell’album sprigiona una grande energia, permeata di molta eleganza; sensazione che, secondo me, la versione di Three non riesce a trasmettere. Complice di ciò anche la performance di The Edge che, come al solito, riesce a combinare potenza e perfezione esecutiva; si nota come abbia trovato nuove parti per la chitarra in certi punti della canzone un po’ più ricercate e raffinate, che contribuiscono a svestire questa canzone da quell’aura di “infantilità” che un po’ si poteva percepire in Three (ricordiamo però che Boy e Three hanno goduto di due produzioni e budget completamente differenti).
Stories For Boys
Anche questo brano era già comparso nell’ Ep Three e già faceva parte del repertorio live della band dalla fine degli anni ’70. Si configura, principalmente, come una canzone post punk per via della batteria molto presente, e il basso che suona una parte tutt’altro che minimale; tuttavia le sonorità sono decisamente differenti da Out of Control. Come anche in Twilight, l’intro è affidato ad un arpeggio di The Edge con delay ad ottavi, dopo di che, da quando entra la batteria, The Edge ha composto due parti: quella presente in Boy è quella che potete ascoltare nella mia cover alla fine del paragrafo, dove vado a suonare un arpeggio che riprende la linea armonica di quello dell’introduzione; mentre nella versione di Three, e di tutti i video live reperibili della canzone antecedenti a Boy, The Edge esegue un semplice cambio accordo (Mi – Mim). Entrambe le versioni, però, sono seguite da una successione discendente di tre note (Re – Do# – Do). La chitarra prosegue tra i soliti bicordi alti e il riff appena spiegato. Per quanto riguarda i suoni, in Stories For Boys possiamo percepire per la prima volta l’utilizzo da parte di The Edge di un effetto a pedale di modulazione del suono, il Flanger. L’ascolto non è perfettamente chiaro nella versione di Boy, poiché in studio probabilmente è stato abbassato il livello di effetto nel segnale, ma sulla versione di Three, e nelle versioni live, si può avvertire chiaramente l’utilizzo di questo effetto che, senza entrare troppo nelle specifiche tecniche del suo funzionamento reperibili ovunque in internet, produce una continua oscillazione del segnale andando a simulare un qualcosa di “simile al rumore di un aereo a reazione” . Sulla rete è possibile reperire una delle prime esibizioni televisive degli U2 tenutasi al “Late Late Show” di RTE, in cui viene eseguita proprio Stories For Boys: è curioso notare come The Edge, in questa esibizione, non usi il solito Vox Top Boost del ’64, ma un Marshall 2103 JMP MK2, un combo valvolare da 100w che monta due coni da 12 pollici.
The Ocean
La settima traccia di Boy procede sulla falsa riga di Into The Heart: è sostanzialmente una jam session ambient dove i veri protagonisti sono il basso di Adam Clayton e la voce di Bono. Il brano dura poco più di minuto e mezzo e The Edge si limita a poche (ma come sempre efficaci) note eseguite con un delay brevissimo. Si segnala che questa canzone, come la già precedentemente citata Into The Heart, è nata durante le sessioni di registrazione di Boy.
A Day Without Me
Quando The Edge parla del suo primo approccio al Delay ,nel film documentario “It Might Get Loud”, spiega come questo particolare effetto lo stupiva poiché ricreava note che lui non suonava. Potrebbe sembrare un aspetto scontato, tuttavia in pochi all’epoca avevano compreso il vero potenziale di quell’effetto, probabilmente solo David Gilmour. Il Delay infatti, come già spiegato, veniva usato come effetto riempitivo e d’ambiente, non veniva usato come parte strutturante di una canzone, pertanto, che ci fosse o meno, non andava ad inficiare la parte di chitarra suonata. L’intro di chitarra di A Day Without Me (assieme a The Electric Co.) invece è il tipico fraseggio che, senza Delay, non avrebbe un senso proprio perché è usato per creare la parte di chitarra. Viene impostato a quarti, quindi un ritardo più evidente e scandito che permette all’ascoltatore di percepirne benissimo l’utilizzo. Ritorna il Flanger, questa volta però l’oscillazione della modulazione è più lenta ma più marcata rispetto che in Stories For Boys. Il resto della canzone è un alternarsi di fraseggi e accordi tra strofe e ritornelli; al minuto 1:08 si segnala un assolo crescente che parte dalle corde gravi alle corde acute e che si muove sulla melodia del brano. Per dimostrare l’importanza del Delay ho fatto un confronto tra i due riff iniziali, il primo senza Delay e il secondo con il delay, per renderci conto di come questo sia in realtà non un abbellimento ma fulcro della composizione.
- Senza Delay:
- Con Delay:
Another Time, Another Place
Anche questa facente parte del repertorio già conosciuto della band, mette insieme tutte le tecniche usate da The Edge: il riff di introduzione si apre con un arpeggio sugli armonici naturali al dodicesimo e al settimo tasto, rigorosamente in delay modulato per poi confluire in un arpeggio, formula ripetuta per tutta la canzone. Al minuto 2:42 Edge si prodiga in un assolo tutto sommato insolito, sempre utilizzando l’arpeggio degli accordi, tuttavia in questo assolo usa molto di più la pentatonica minore e fraseggi più propriamente blues; un assolo che ricorda vagamente la sequenza armonica di quello in Street Mission.
The Electric Co.
Come già anticipato prima, anche in questo brano è indispensabile l’uso del Delay da parte di The Edge, che si inventa un riff, apparentemente semplice quanto martellante, ma che acquisisce un senso solo se suonato con un delay impostato a ottavi puntati a 275 millisecondi. Così le note che vengono percepite dall’ascoltatore raddoppiano automaticamente, rendendo il ritmo della canzone decisamente incalzante e coinvolgente. Il resto della canzone è costituito da accordi aperti e arpeggiati, con la ripetizione del tema iniziale a fine ritornello. Di seguito potete ascoltare, come in questa canzone, sia vitale l’impiego del delay, e come sia altrettanto fondamentale suonare a tempo con esso: basta veramente perdere il tempo un attimo, che si sfasa tutto e una canzone con il delay sfasato è, probabilmente, una delle cose che i chitarristi odiano di più. Si pensa comunemente che per suonare come Edge basti mettere un delay ad un tempo qualsiasi, la rete è piena di video così; tuttavia è importante tenere a mente sempre la partitura originale senza farsi condizionare dal ritardo, si rischia sennò di andare a sporcare l’esecuzione provocando la conseguente perdita del tempo del delay. Come in A Day Without Me ho fatto un paragone dei due riff iniziali, il primo senza delay e il secondo.
- Senza Delay:
- Con Delay:
Shadows And Tall Trees
L’ultimo brano dell’album d’esordio degli U2 probabilmente è l’unico in tutto il disco, tra i brani che già venivano suonati live in precedenza, ad aver subito una pesante rivisitazione in studio. Sebbene live avesse un arrangiamento molto simile e coerente con gli altri inediti dell’epoca, in studio si è optato per un arrangiamento più raffinato e, se vogliamo, più all’avanguardia. Dall’ultima traccia di Boy si può già, quasi, avere un idea di cosa sarà l’album successivo October, per via soprattutto dalla complessità e l’elaboratezza degli arrangiamenti di chitarra. In Shadows And Tall Trees si può percepire, per la prima volta, la chitarra acustica e una produzione decisamente più presente: vi sono infatti diverse sovra incisioni di chitarra elettrica e di voce. Il brano si erge soprattutto sull’arpeggio acustico iniziale, clamorosamente senza un delay orecchiabile, molto compresso nel mixing e decisamente equalizzato. Da metà canzone si possono ascoltare delle sovraincisioni di chitarra sul canale sinistro, che rendono un po’ complicato andare ad analizzare nello specifico ciò che effettivamente la chitarra fa: da quel che si può comprendere, The Edge alterna dei semplici temi, seguendo l’armonia della chitarra acustica all’uso degli armonici naturali, che doppiano le sovra incisioni degli armonici suonati invece con l’acustica.
Saturday Matinee / Saturday Night
I primi vinili di Boy ad essere stampati avevano una sorta di brevissima ghost track strumentale alla fine di Shadows And Tall Trees: si può udire una traccia di batteria e di chitarra pesantemente riverberata, probabilmente complice una registrazione molto abbozzata effettuata ad una distanza considerevole, che improvvisano un tema, che scopriremo poi, essere un piccolo snippet strumentale di un brano che non trovò posto in Boy: Saturday Night. Questo brano, e il suo snippet, vennero pubblicati nella Deluxe Version del Remaster di Boy del 2008, curata dallo stesso Edge (il chitarrista ha curato tutte le edizioni rimasterizzate degli album, ad oggi pubblicate). Si ricorda come Saturday Night poi verrà a sua volta rielaborata, fino a diventare la futura Fire, primo singolo del secondo album da studio della band irlandese, October.
Abbiamo visto, in questo articolo, come in Boy ci siano numerosi spunti, su quello che diventeranno gli U2 negli anni a venire, The Edge si dimostra, sin da subito, il perfezionista che tutti conosciamo, con il suo modo di suonare e con il suo ormai consolidato setup, che conferisce all’album coesione e coerenza, dalla prima all’ultima traccia.
Vedremo nel prossimo (imminente) articolo il lunghissimo Boy Tour: nello specifico cercheremo di vedere come The Edge ha affrontato il suo primo tour a supporto di un album, concentrandoci sulla sua strumentazione e le parti di chitarra,cercando di capire le eventuali variazioni dalla versione studio dei brani.
BOY TOUR
Il Boy Tour partì il 6 settembre 1980 e si concluse il 9 giugno del 1981, dopo cinque leg di cui due negli Stati Uniti.
Il primo tour della band fu un banco di prova importante, che permise loro di farsi conoscere in giro per l’Europa, nonché di approdare per la prima volta in America: prima nella costa Est e poi nella Costa Ovest. Non fu affatto un tour semplice: la band dovette fare i conti più di qualche volta con qualche piccolo contrasto interno su e giù dal palco (memorabile la rissa tra Bono, Edge e Larry per un banalissimo misunderstanding), problemi logistici, critiche al loro progetto e, soprattutto, dovettero fare i conti con un pubblico che non sempre li accoglieva calorosamente, salvo poi comunque farsi apprezzare.
The Edge sostanzialmente non cambiò nulla dell’arrangiamento delle canzoni dalle versioni di studio se non qualche accorgimento qua e là. La sua strumentazione era veramente minimale in confronto a quella che avrebbe cominciato ad avere solo dieci anni dopo. Sul palco The Edge non usa ancora la sua configurazione stereo degli amplificatori che andrà a caratterizzarlo nei decenni successivi, essa verrà introdotta nel tour a supporto di October.
Per ulteriori approfondimenti: U2Songs: la discografia di Boy U2gigs il Boy Tour
Articoli precedenti: Vi presentiamo la rubrica “Speciale The Edge” a cura di James Vignotto Speciale The Edge: 1976-1980 il periodo pre-Boy
Foto in evidenza | © Peter Noble
Tags: #SpecialeTheEdge, #U2Boy, #U2NewsIT, 1980 Speciale The Edge, Boy, Dave Evans, Il sound di The Edge in Boy, Rubrica dedicata al sound di The Edge degli U2, U2