Bono e gli U2: non è mai tardi per riscoprire una passione
Parlare di musica, per me, è sempre stata la cosa più bella e terapeutica in ogni momento della mia vita. Non importava il contesto in cui lo facessi, ho sempre saputo che il mio legame con lei era indissolubile, di quelli a doppio filo d’acciaio. La gioia assoluta, l’entusiasmo, i ricordi, la condivisione, tutto ciò che una canzone o un concerto o un disco possono regalare non hanno eguali. Ed è per questo che mi sento privilegiata a poter parlare degli U2, che mi accompagnano da tanto, tanto tempo e che ho riscoperto grazie alla bellezza della scrittura e di persone che mi hanno coinvolta con affetto e stima nel loro mondo.
Avevo 13/14 anni, non di più. Gli U2 ovviamente li conoscevo ma non erano, come dire, “importanti”. Quando però hai un amico che inizia a spararti nelle orecchie One per dieci, cento, mille volte e tu inizi a tradurre il testo, a voler approfondire, per forza di cose, il tuo approccio cambia. Vuoi andare indietro, scoprire quello che ancora non sai. Questo è quello che mi accade tutte le volte che scopro o riscopro qualcosa, soprattutto di musicale. Non mi accontento, non mi basta ascoltare le canzoni, devo andare a fondo. Lo scorso mese di agosto, per esempio, l’ho trascorso ascoltando tutta la monumentale discografia dei Pink Floyd, sempre per colpa (si fa per dire) di un amico e di qualche lavoro da fare. Questo è come vivo la musica da sempre e questo mi è capitato con i 4 notissimi irlandesi che pian piano sono diventati una parte rilevante della mia cultura musicale.
Per un po’ di tempo, però, li ho quasi “messi da parte”, trascurati, non perché non mi piacessero più, ma perché le passioni vanno alimentate e ho lasciato che per un po’ quel fuoco si spegnesse. Tutto questo fino a qualche mese fa, quando sono stata risucchiata nel vortice da fan e da professionista, da qualcuno che ha avuto fiducia in me e nelle mie capacità dandomi lo spazio di parlare di loro, di riscoprirli. E allora sono tornata ai miei 13 anni, ad Achtung Baby, The Joshua Tree … tutti gli album per me più importanti. Avrei voluto festeggiare questo percorso che, spero mi porti fortuna, con un concerto a Roma la scorsa estate, ma si sa, nemmeno i sogni a volte sono perfetti. Quello che mi resta, però, a parte la musica, chiaramente, sono i colleghi/amici, un nuovo disco che uscirà a dicembre e una canzone, You’re The Best Thing About Me che mi risuona in testa quando meno me lo aspetto quasi come fosse un segnale perfetto per quello che mi sta accadendo, non solo a livello professionale.
Chi sta leggendo questo mio articolo sicuramente non ritroverà né delle news importanti né qualcosa di “utile” a livello pratico, e non ritroverà nemmeno la parte polemica che riguarda gli U2 e soprattutto la figura di Bono, semplicemente perché non era questo il mio scopo. Si possono dire mille cose e avere pareri discordanti, ma l’unica cosa che non può mai essere messa in discussione è l’emozione, ciò che per qualcuno è importante e per altri magari no. A modo mio, cerco sempre di dirlo a chi mi sta intorno: ognuno DEVE ascoltare tutto ciò che lo fa stare bene. La bellezza assoluta non esiste, esiste soltanto la bellezza per TE in quel momento. Io la ritrovo costantemente quando, per esempio, la radio passa quella canzone che in fondo aspettavo. Proprio qualche giorno fa, entrando in un bar per un caffè, sento risuonare la voce di Bono che intona il ritornello di You’re The Best Thing About Me. E allora sarà stato il momento così improvviso, il sole che aveva deciso di scaldare una normale giornata di fine ottobre, ma è stato come un pugno dritto allo stomaco. Ed è in quei momenti che capisci che no, certe cose non le puoi prevedere.
Il tutto potrei racchiuderlo in una frase di One Tree Hill, perché in fondo la musica non è altro che questo, il flusso di un fiume che non puoi controllare:
“You run like river, oh like a sea
You run like a river runs to the sea”.
Foto in evidenza | Justin Kent
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