Il 2017 è iniziato nel migliore dei modi per il mondo
U2. Quel video pubblicato a Natale dove la band annunciava degli
“special events” per il 30° anniversario di uno dei caposaldi della discografia della band irlandese
The Joshua Tree, mise in agitazione tutti i fan (e non) della band irlandese, e dopo pochi giorni ci fu l’annuncio tanto atteso e per alcuni tratti anche insperato: i 4 di
Dublino porteranno dal vivo tutto il disco con un
tour composto da
33 date suddivise in due leg (
America del Nord ed Europa). Inizialmente, come
spiegato dalla band in successive interviste, la celebrazione di quello che rimane uno degli album più belli della musica doveva essere composta da soli due grandi eventi verosimilmente uno in
America ed uno in
Europa, ma la band ha optato poi per un vero e proprio tour.
Per tante persone è semplicemente un sogno che si avvera, soprattutto per coloro i quali si sono avvicinati agli U2 grazie proprio a questo disco. Se qualcuno avesse detto a tanti appassionati storici “Guarda un giorno ascolterai dal vivo tutto The Joshua Tree”, non ci avrebbe creduto nessuno. Invece, oggi è realtà per la gioia di tutti noi, in special modo per chi, come me, questo disco è la colonna sonora quotidiana di momenti felici e non, e che ha permesso di fare la conoscenza di una band straordinaria, quali sono gli U2.
The Joshua Tree non è soltanto un disco ma è molto di più. Ha rappresentato la svolta definitiva della carriera degli U2, consegnandoli
alla storia senza se e senza ma. E’ l’apice anche della creatività della band, il punto più alto (raggiunto poi anche con Achtung Baby) dal punto di vista stilistico, il metro di paragone per ogni successiva evoluzione della band.
Grazie all’album, che inizialmente doveva chiamarsi “The Two Americas”, gli U2 balzarono sul tetto del mondo musicale ed entrarono
di diritto nell’olimpo delle “Stars”. Tutti gli obiettivi che si erano prefissati prima della sua pubblicazione (soprattutto la scalata delle charts
americane) furono raggiunti e stracciati con una sconvolgente semplicità.
Nemmeno la band forse aveva previsto questo cambio di marcia nel loro percorso musicale. Hanno dovuto imparare in breve tempo anche a
gestire un successo così enorme che ha sconvolto anche le vite (in positivo) di Bono, Larry, Adam e The Edge. Nel giro di pochi mesi si
sono trovati ad essere un gruppo con grandi potenzialità, ad essere un faro ed un punto di riferimento per il panorama musicale dell’epoca ed
un faro per tutta la produzione artistica. Una situazione invidiabile (e conquistata con merito) ma indubbiamente anche un’enorme responsabilità.
Bono, durante il concerto tenutosi a Chicago il 29/4/1987, due giorni dopo aver conquistato la preziosa copertina del “Time” (successo solo ai Beatles), disse:
”Abbiamo lavorato duramente negli ultimi due anni ma non era nelle nostre ambizioni necessariamente essere al numero 1 ed avere la copertina del Time. Mi sento bene ma non ho ancora trovato quello che sto cercando, dannatamente”.
I nostri, come sappiamo, non si fecero trovare impreparati e seppero gestire con naturalezza questo ruolo di “guru”.
Assolutamente si. The Joshua Tree è l’icona di un periodo storico, la guida “spirituale” per un’intera generazione, come quella di fine anni ’80, che stava vivendo un periodo di forti cambiamenti culturali e sociali, che si sono riflessi anche nelle tematiche trattate nei brani che compongono il disco.
Chi in quel periodo iniziò ad ascoltare con passione gli U2, infatti si rispecchiò nelle note e nelle parole di quegli irlandesi dall’aspetto “normale” e non per niente costruito. Quelle canzoni arrivavano dritte al cuore ed è praticamente impossibile dimenticarle proprio per i messaggi contenuti nei testi ricchi di versi intrisi di un’universalità nel linguaggio e nelle tematiche. Era difficile rimanere impassibili di fronte a cotanta profondità. Essere fan di The Joshua Tree significava (e significa tutt’ora) essere sostenitori di un nuovo modo di guardare la realtà,condannando i suoi aspetti più cruenti, come la guerra, l’abuso di droghe, la negazione della libertà degli individui e sperando ancora in un mondo migliore, speranza che viene trasmessa in modo chiaro e netto. Nonostante la giovane età, Bono dimostrò di essere un passo avanti a tutti i suoi artisti coetanei, sfoggiando una “visione” attenta ed allo stesso tempo obiettiva del mondo circostante, che ha fatto di The Joshua Tree un disco praticamente immortale e di un’attualità quasi disarmante.
L’odierna situazione politica degli States, con l’elezione a presidente di Trump, riporta un brano come Bullet The Blue Sky ad essere ancora specchio di problemi irrisolti e di un ruolo politico e non degli USA tutt’ora ambiguo, con la preoccupazione che alcune scelte del Tycoon possono gravare sul delicato equilibrio mondiale. E non solo Bullet. I Still Haven’t Found What I’m Looking For, riferita alla grave crisi che vive oggi la Chiesa ed ad una fede nella religione che diventa sempre più debole ed impalpabile, diventa praticamente contemporanea. Questi sono giusto due esempi significativi ma ogni pezzo di The Joshua Tree, ci fa capire che a 30 anni dai quei giorni, tutto è sostanzialmente rimasto uguale, nonostante gli sforzi (e le parole) di tutti a cambiare le carte in tavola per creare un futuro migliore.
Il The Joshua Tree Tour 2017 non è una semplice celebrazione ma è un atto che gli U2 dovevano verso tutti. In primis verso i loro fan.
Questo tour è l’occasione per risentire alcuni brani che sono le vere e proprie “perle nascoste” non solo dell’LP campione di vendite del 1987 ma dell’intera produzione discografica di Bono e soci. Andiamo in ordine.
Ci saranno pezzi che mancano dalle scalette da troppo tempo come l’oscura e la temuta
Exit (che manca dal
Lovetown Tour, data di
Melbourne 14/10/1989), estromessa in seguito al terribile episodio dell’omicidio di Rebecca Schaffer ad opera di Robert John Bardo.
Risentiremo
One Tree Hill suonata pochissimo nel corso negli anni per “sole” 44 volte. Entrò nelle setlist solo nelle date finali del tour del 1987 ed in gran parte di quelle del
LoveTown Tour.
Dall’ultima esecuzione a Rotterdam il 10 Gennaio 1990, si è dovuto aspettare la leg australiana del Vertigo Tour del 2006 per riavere il
piacere di riascoltare il brano dedicato a Greg Carroll.
E non è finita qui. Grande emozione è prevista anche per quel gioiello chiamato
Mothers Of The Disappeared . L’esecuzione dal vivo di
quest’ultima è ancora più rara di One Tree Hill: solo 18 volte! Tutti noi ricorderemo la commovente esibizione nella data di Santiago del Cile
del PopMart Tour, con le “Madri” sul palco insieme alla band a reclamare giustizia per i loro figli scomparsi durante le sanguinose dittature cilene ed argentine degli anni passati. L’attesa più “sentita”, però, è tutta per Red Hill Mining Town, che farà il suo debutto live in assoluto per la prima volta il 12 Maggio 2017 a Vancouver, prima data del prossimo tour. Il brano doveva essere l’ultimo singolo promozionale estratto da
The Joshua Tree . Fu preparato anche un videoclip (visibile su youtube e nel DVD dell’edizione remastered del 2007) ma non fu mai pubblicato. E’
notizia recentissima che una
nuova versione remix, con la linea vocale interamente riregistrata da
Bono, di
Red Hill Mining Town sarà pubblicata a ridosso del tour. Staremo a vedere (o meglio a sentire).
Ebbene si, il The Joshua Tree Tour 2017 è un atto dovuto anche nei confronti della musica. Gioiamo tutti, fan e non, ed onoriamo tutti
Tags: #U2NewsIT, #U2TheJoshuaTreeTour2017, Adam Clayton, Bono, Bullet the Blue Sky, Donald Trump, Exit, Larry Mullen, Mothers of the Disappeared, One Tree Hill, Red Hill Mining Town, The Edge, the joshua Tree, U2, U2 The Joshua Tree Tour 2017, Where The Streets Have No Name