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Bono: “L’obiettivo è scrivere e lasciare il segno”

Inserito da on giugno 27 – 19:09 | 278 visite

Saint-Bruno, Québec – Bono ci confida che non si sente particolarmente in forma mentre si siede ad un tavolo in un piccolo ristorante francese nella campagna fuori Montreal, dove gli U2 hanno appena terminato una serie di 4 concerti indoor sold-out.

Ha dormito pochissime ore e “questa mattina mi sono svegliato come se qualcuno avesse messo una fiamma ossidrica nella mia gola”. Nel mese di Novembre è rimasto gravemente ferito in un incidente ciclistico a Central Park, a New York, e si sta ancora riprendendo. Il danno ai nervi ha lasciato parte del suo braccio sinistro intorpidito e due dita della sua mano sinistra hanno movimenti limitati, impedendogli di suonare la chitarra.

“La sensibilità al braccio ritorna un millimetro a settimana, e non saprò per mesi quanta sensibilità riacquisterò”, afferma, sbirciando da dietro alla montatura d’orata degli occhiali. “Potrei avere bisogno di un ulteriore intervento chirurgico per riprendere a scuotere la chitarra.”

Ma rimane un personaggio energico sia dentro che fuori dal palco. In questo tranquillo sobborgo canadese, egli non si abbina molto al paesaggio con la sua giacca di pelle e gli orecchini d’oro. Nell’attuale tour degli U2, che Mercoledì (24 Giugno) sbarcherà a Chicago per 5 serate allo United Center, egli ricopre il ruolo di narratore/guida del tour/cantante per il viaggio virtuale della band dalle profondi radici del Nord di Dublino ai giorni nostri.

Tra una data e l’altra al Bell Centre di Montreal, ha trovato anche il tempo di incontrare il primo ministro del Canada, Stephen Harper, e i membri del Parlamento di Ottawa per fare pressione sulla raccolta fondi contro l’AIDS in Africa. Nonostante sia diventato un “parafulmine” per gli scettici – che accusano il gruppo di aver perso il contatto con i propri ideali e di concludere accordi con le mega-società come Apple o Live Nation – il cantante resta un importante ambasciatore per i Paesi del Terzo Mondo. Le sue organizzazioni ONE e (RED) sono state meritevoli per la riduzione del debito, la creazione di posti di lavoro nei paesi poveri, garantire il finanziamento per lotta contro l’AIDS e la malaria, ed infine accrescere la scuola e l’educazione in Africa e nelle aree più povere.

L’attuale iNNOCENCE + eXPERIENCE Tour insieme ai suoi compagni adolescenziali degli U2 – il chitarrista The Edge, il bassista Adam Clayton e il batterista Larry Mullen Jr.- è dove si fondono tutte le tematiche personali, pubbliche, e le contraddizioni. Lo show è incentrato sull’album del 2014, Songs of Innocence, e si sviluppa su di esso raccontando la crescita della band dagli ultimi [anni] d’adolescenza a Dublino, negli anni’70, sino [ad essere] cittadini impegnati in un mondo violento. E’ un viaggio personale che si tramuta in un’analisi politico-sociale sul potere della comunità.

Se non altro, il tour vede nuovamente gli U2 ad esplorare la multimedialità in un modo da ingrandire le possibilità e le potenzialità dello spettacolo indoor, paragonabile al modo con cui il tour Zoo TV rivoluzionò – tra il 1992 e il 1993 – l’arte delle performance live. Nell’intervista, Bono ha analizzato alcune cose che riguardano il tour e il funzionamento interno della band:

Q: La prima metà dello show è molto oscura. Ci sono state discussioni, con il resto della band, sul fatto che la cosa non potesse funzionare in uno show indoor?

A: Si certo, ci sono state. Ma la gente (i fans) ci permettono di avere quel livello d’intensità. Quello che mi ha sorpreso, è che loro sembrano essere in grado di seguire un racconto che era cosi personale e specifico: la parte Nord di Dublino, un paese immerso nella guerra. I miei drammi sono [cose] minori rispetto a tanti altri. The Edge mi ha interrogato sui testi – mi ha aiutato a scriverli – ha detto: “Non creiamo nostalgia, non facciamo del sentimentalismo”. Ma ci permettiamo di fare malinconia. Questo sarebbe l’Irlanda. E’ nella pioggia (ride). Ho pensato che se fossi stato davvero sincero riguardo la situazione che mi ha portato fin qui in questo momento, o cosa ci ha portati qui come band, attraverso la mia visione, forse [anche] altre persone potrebbero immedesimarsi [in ciò]. Il primo amore, la prima rissa, la prima tragedia – l’album si basa su quelle prime esperienze. Forse la gente potrebbe identificarsi. Edge è ancora dubbioso: “E’ arrogante pensare che le persone possono identificarsi.” E’ un’idea estremamente arrogante [già] dall’inizio pensare che ogni sensazione che si provi sia importante o rilevante per chiunque altro. Quindi dovremmo cancellare ogni romanzo mai scritto, ogni poesia? E’ così che facciamo noi, scrivere e soffrire. Qualcosa come Iris (Hold Me Close) (una canzone che parla di sua madre, che morì quando Bono aveva 14 anni), mi fece pentire fino all’ultimo minuto. Pochi giorni prima che l’album fosse pubblicato ho provato a lasciare fuori la canzone dal disco. Stiamo facendo questo omaggio a tutti questi gruppi punk che abbiamo amato, e c’e’questa canzone sulla morte di mia madre. Come può essere punk-rock una cosa del genere? Fui preso dal panico, “Lasciamola fuori”. Lei morì quando avevo 14 anni, era Settembre, di 40 anni fa. Ma non riuscivo a ricordare che giorno. Mandai un SMS a mio fratello, [ma neanche] lui riusciva a ricordare. Allora mandai un SMS a mio zio Jack, e lui mi fece realizzare che lo stesso giorno in cui stavo cercando di escludere la canzone dal disco, era lo stesso giorno di 40 anni fa, quando [mia madre] svenne mentre era al funerale di suo padre. Aveva avuto un aneurisma e non la vedetti più, né tanto meno riuscì più a parlarci. Quella sorta di coincidenza cosmica mi incoraggiò a fidarmi del mio istinto. Devi avere il coraggio ad essere emotivamente diretto. Questo è ciò che ho imparato da John Lennon.

Q: C’è parecchia nuova tecnologia nello show e non ci sono delle hits nell’album. Ci sono state preoccupazioni sul fatto che le due cose non potessero legarsi?

A: Siamo andati sul palco la prima sera (14 Maggio a Vancouver) senza saperlo. Si è rivelata un’esperienza affascinante. Nello ZooTV (il tour del 1992-1993 che anch’esso presentava molta nuova tecnologia) le persone erano avvolte dalle luci, ma questo era più diretto. Il mio amico Gavin (Friday) che è cresciuto con me a Cedarwood Road, disse che era necessario spiegare la storia. Spiegarla alla gente mentre sali sullo schermo, “Venite con me sulla Cedarwood Road.” “Cosa, davvero, come un gioco per bambini?” (ride) Disse, “Spiega quello che sta succedendo nelle canzoni, e saranno coerenti.”. Ha funzionato.

Q: Durante lo show, il tuo alter-ego giovane ha una conversazione con la rock-star Bono, e punta il dito su di te. Ti accusa di aver perso di vista le cose in cui una volta credevi, come se fosse in mezzo tra i tuoi fans. Di cosa si tratta?

A: Alla fine, attraverso tentativi ed errori, si impara che “compromesso” non è una parolaccia. Dico al mio giovane Bono, “cerco di spiegare ad un giovane uomo che le idee meritano un piano, cerco di fare un mondo migliore per ogni donna e uomo…mi sento come un impostore, ma so che non lo sono, cerco di fare del mio meglio con tutto quello che ho, che non è molto tranne che per farsi beccare con i pantaloni abbassati e le mani in alto.” Mi piace pensare che ho ragione (ride). Il giovane Bono continua a scuotere la testa. Non è più “noi e loro”, adesso si tratta solamente di “noi”.

Q: Quando fai riferimento alle recenti sparatorie per motivi razziali dicendo “Non posso respirare” e “Ho le mani in alto” sembri accusare l’America, mettendo in discussione i suoi valori. A cosa vuoi arrivare?

A: E’ l'”IO” giovanile che inveisce contro l’America militarista. Esce fuori in Bullet the Blue Sky che, in origine, parlava dell’intromissione degli Stati Uniti nell’America Centrale. La scoperta che feci, anni fa, è che l’America non è un Paese, ma un’idea. Un’idea che va completata. Storicamente è un’idea francese, e mi è piaciuto dirlo qui [a Montreal]. Non è ancora finita, si sta ancora modellando, e mi sento parte di essa, voglio prenderne parte. Abbiamo tutti un’interesse per l’America essendo ciò che si proponeva di essere.

Q: Parlando a livello personale, stai provando ad incoraggiare le persone che potrebbero sentirsi impotenti ad avere un ruolo più attivo?

A: Qualcuno, probabilmente, dovrebbe indagare il nostro pubblico. Molti di loro sono coinvolti in qualche modo nella propria comunità locale. Non è una prerogativa per un fan degli U2, puoi arrivare e bagnarti solo un pò [nell’impegno civile], non c’è bisogno di scendere nell’acqua profonda per essere un fan degli U2. Ma molti di loro vogliono che il molto sia migliore, vogliono essere parte di una soluzione, e sono sempre coinvolti. Come disse John Lennon, non è necessario prenderne parte. Il mondo non deve avere per forza la forma attuale. Puoi prenderlo a calci, puoi persuaderlo, è possibile contribuire per dargli una forma migliore. Quando sei giovane c’è una grande chiarezza [in ciò]. Mi manca. Ma quando si invecchia, ci si rende conto che uno dei più grossi ostacoli che incontrerai nella tua vita è te stesso. Ciò è iniziato, nella nostra musica, con Achtung Baby [l’album del 1991], cioè quando siamo entrati dentro l’ipocrisia dell’animo umano.

Q: Lo show è appropriato per le canzoni, ma la produzione su Songs of Innocence è blanda, spersonalizza i brani. Senti che l’album abbia soddisfatto le tue aspettative?

A: Se devo essere sincero, c’è qualcosa in effetti nel suono del disco che un po troppo ordinato. Questo è quello che succede quando passi troppo tempo in studio. Ma si chiama Songs of Innocence per un motivo. Questa è la sfida con questa band: dopo tutti questi anni di composizione, senza troppi fuochi d’artificio e sperimentazioni, siamo in grado di scrivere canzoni che si reggono veramente [da sole]? Parlando con i nostri amici Damien Rice e Glen Hansard, i “menestrelli”, loro hanno solo una chitarra, così le loro canzoni e le loro parole si sostengono meglio. Con una band, è possibile nasconderlo – [mettendo] alcune affermazioni cool ma illogiche qui, abbozzando un “terreno” [musicale] – è possibile nascondere il fatto che le canzoni non ci sono. Ma di questo disco credo davvero che possiamo suonare 10 [brani] (nello show). Come artisti, abbiamo questo secondo senso di [capire] quando una canzone arriva [alle persone]. Sappiamo quello che sta succedendo in una stanza. Sia che funziona o che non funziona. Abbiamo qualche aiuto extra, dal lato narrativo, con questo impianto (multimediale). Ma so che potrei cantare queste canzoni in un ristorante con una chitarra e funzionerebbero [ugualmente].

Q: Le immagini visive dei concerti fanno migliorare l’aspetto narrativo delle nuove canzoni, e l’aspetto multimediale dello spettacolo indoor è sempre stato uno dei punti di forza degli U2. Quali sono le sue origini?

A: Spider-Man (il musical di Broadway con le canzoni di Edge e Bono) ha accentuato il nostro interesse per il teatro, non solo per fare qualcosa di diverso; ma anche parlando con (Paul) McCartney, il quale ci disse che i Beatles furono influenzati da Rodgers e Hammerstein. In quegli accordi, che scrissero i Beatles, c’è dentro Gershwin. (A Dublino negli anni ’70) eravamo tutti [dalla parte dei] Clash, e i Clash parlavano del loro pubblico come un “noi”. Non c’è divisione, siamo noi. E gli abbiamo creduto. Abbiamo imparato che ci sono artisti a cui piace molto la distanza che il palco gli dà [dai i fans] e che ci sono band a cui non piace. Siamo andati a vedere “Jerusalem” a Broadway, con Mark Rylance, e stato molto influente. (Bono si alza e mima l’inizio dell’atto)…C’è una sensazione, da subito, come se lui (Rylance) stesse per entrare nella tua vita, nel tuo viso, sicuramente nella tua vita emotiva. Iggy Pop, Patti Smith sono cosi. Iggy era un’influenza molto importante [per noi], non solo come paroliere, artista e musicista straordinario, ma [anche] come performer. Ha sempre cercato di abbattere la “quarta parete” [nel gergo teatrale essa indica la parete immaginaria che sta tra il pubblico e il palcoscenico]. Ciò inizia con i gruppi punk, e la mia illuminazione sul rock da stadio fu che esso non ha nulla a che fare con la vicinanza fisica, ma [piuttosto] con la vicinanza emotiva. Potresti essere in un club, talmente vicino [al palco], e il gruppo si erge come [per dire] “guardami, ecco un altro pensiero che ho avuto che probabilmente non puoi capire.” Tutte queste persone che dicono (ai gruppi rock) di non andare nelle arene – sono tutte un mucchio di stronzate. Si inizia con la vicinanza emotiva, e [poi] puoi usare la tecnologia per creare vicinanza fisica. Risale a quando (gli U2) si esibivano nei club, attraversando il pubblico con una bandiera bianca per poi finire in una scazzottata per averlo fatto.

Q: Gli elementi visivi funzionano anche grazie alla loro essenzialità, ci sono performance [anch’esse] molto essenziali che ricordano i vostri primi periodi nell’era punk. Per me una canzone potenzialmente sentimentale come “Iris (Hold Me Close)” si concilia bene in tutto ciò. A dispetto dei tuoi dubbi iniziali, senti che funziona come parte di tutto questo?

A: Penso che funziona in quella struttura perché è emotivamente cosi “grezzo”. La storia dietro quella parte del filmato (che accompagna la canzone nel concerto),
è la storia di un amico di un amico di un amico che incontra mio fratello in un aeroporto, e dice che conosce qualcuno che ha “un filmato della vostra famiglia”. Non abbiamo immagini visive di loro, solo poche fotografie che tendiamo a non guardare, [seguendo] il classico atteggiamento del maschio irlandese. Lo mettiamo su, e vediamo mia madre in movimento…è giovane, ha 23 anni, gioca ad un gioco simile al baseball (bat-and-ball game). Tutti hanno questi ricordi di famiglia, ma noi siamo stati bravi a sopprimerli. Quando stavamo scrivendo le canzoni, stavo cercando di scrivere questi ricordi per ricordarli. Ho trovato quel verso, “Iris dice che sarò la morte di lei/non ero io,” e mi interruppe. Non ero sicuro di cosa significasse. Mi resi conto che ogni bambino, che perde la madre, pensa che lei lo abbia abbandonato. Anche se sua madre è investita da un’auto, è [sempre]: “Mi ha lasciato”. E il dolore si trasforma in rabbia. Questa è la storia del rock’n’roll – abbandoni materni. Rimanda direttamente al blues: “A volte mi sento come bimbo senza madre”. Si tratta di Paul McCartney, Johnny Lydon, molti di noi. Con l’hip-hop è l’abbandono paterno ad essere il catalizzatore centrale. Con il rock’n’roll sono le madri. Così si va lì, provi a mutare la ferita in una possibilità, in qualcosa di fantastico, come la musica. Ecco perché la canzone Volcano segue Iris (Hold Me Close) (nella setlist del disco) puoi sentire l’ascesa della star [Bono si riferisce alla sua “metamorfosi” da adolescente ferito a cantante rock negli U2]. “You hurt yourself trying to hold on to what you used to be” (“Puoi farti male cercando di tenerti stretto a ciò che sei stato”). Si arriva a questi accordi più blues, (canta): “You were alone, but now you’re not alone, you were alone, now you are rock’n’roll” (“Tu eri solo, ma ora non sei più solo, tu eri solo, adesso sei rock’n’roll”). Senti il pubblico che canta, e sei in mezzo [a quel] pubblico ad un concerto punk. Non sei più solo. Quella non è solo la mia storia, ma è la storia di un sacco di persone. Ci aggrappiamo al rock’n’roll per una ragione specifica.

Q: Voi avete rilasciato Songs of Innocence su iTunes prima di essere messo in vendita. Questo significa che ritieni che la musica gratis sia il futuro?

A: L’album è stato un regalo. La Apple ci ha pagati, ma non la somma ridicola (100 milioni di dollari) che è stata riportata. Il “gratis” danneggia i nostri amici che sono cantautori. Non sto parlando di noi, noi stiamo bene. La gente dice, “Suona dal vivo, fai i soldi con le magliette”. Fanculo! Questi servizi streaming, come Spotify, sono buone alternative per rilasciare musica gratuitamente. Ma per diventare un’alternativa alla musica a pagamento, il modello deve cambiare. Se loro aboliscono il “gratis” adesso, la gente non potrà fare altro che tornare a BitTorrent. Penso che l’industria musicale abbia bisogno di ottenere una migliore organizzazione e sperimentare approcci diversi. Stiamo ancora cercando [il metodo giusto].

Q: Ho bisogno di chiederti della vostra collaborazione a lungo termine con Live Nation (la società che monopolizza di fatto i tour e l’industria dei biglietti). Sei un idealista…

A: Sono un pragmatico.

Q: Ok, mi correggo. Ma questa è una band con degli ideali che sta ancora cercando di cambiare il mondo, in modo positivo, con il suo attivismo e il suo lobbismo a nome di cause meritevoli. Avete fatto molto nel mondo. Ma l’industria musicale è in difficoltà, e voi state collaborando con un monopolio. Perchè pensi che questa sia stata una buona idea per gli U2 unire le forze con un’entità del genere? Avete avuto il potere di dettare le condizioni sulle modalità di cambiamento dell’industria [musicale]. Allora perchè state ancora suonando secondo le vecchie regole?

A: Ho capito il tipo di domanda. Ed è una domanda interessante. Io non vedo l’uomo malvagio nelle [cose] grandi o piccole: nella grande band o nella piccola band, nella grande azienda o nella piccola azienda. L’importante è come si trattano i dipendenti. [E’ la] stessa cosa con un gruppo punk che tratta la propria crew come se fosse spazzatura. Mi piace il modo in cui (i dirigenti Live Nation) trattano i loro dipendenti, come ci trattano – su tutto quanto detto Live Nation è stata fantastica. Sulla questione biglietto: i monopoli generalmente non sono [una cosa] buona, non vanno bene per l’innovazione, non vanno bene per la concorrenza. Alcuni anni fa abbiamo pensato di farci carico della commissione dei biglietti. Ma questa forse è una risposta “debole” per te. Ho perso il senso della domanda in questione. Non ero consapevole che fosse un problema fastidioso. Probabilmente ciò è dovuto al problema che ho, del disordine della [mia] multi-personalità. Faccio un sacco di cose, cerco di avere il controllo delle cose, ma non sono a conoscenza che questa [questione] sia un problema. Dovrei prendermi più tempo per dedicarmi a ciò, perchè influisce su di noi e sul nostro pubblico. Sarei molto deluso se non fossero stati trattati bene. Abbiamo [alle spalle] un passato [fatto] di tentativi nell’ottenere le cose giuste. Ma queste cose possono essere colte da te. La gente dice “Perchè non stai facendo una campagna contro la musica gratuita”? Volete che io lo faccia? Davvero? Mi volete davvero come il tuo bambino dei cartelloni pubblicitari che dice “datemi più soldi”? Non sono sicuro che sarebbe credibile. Lascio alcune di queste questioni a persone che potrebbero essere migliori di me in questo. Cerco di fare le cose che mi competono. Si, alcune persone dicono “sei un artista e poi fai tutte queste altre cose”. Ma [io] vedo tutte quelle altre cose come parte integrante dell’essere artista. Questo è lo zeitgeist – la stravagante parola tedesca per definirlo – la forza del mondo, è necessario conoscere la teologia, la tecnologia, la cultura, la politica. Tutto questo è anche nella musica. Non vedo la mia vita come scompartimenti. Io la vedo come una cosa sola, insieme a tutta la mia famiglia. Così quando dici “si tratta di scegliere i problemi da risolvere”, non è [forse] la musica la fonte di tutta la tua energia, non vale la pena spendere del tempo sulla soluzione di questi problemi? In un certo senso sono uscito dal mondo della musica, e dal lato artistico di essa. Ho vagato lontano per volgere lo sguardo in altri ambiti. Tuttavia mi sto concentrando su un ambito musicale, sto provando a trovare un nuovo formato, che nel caso fosse quello giusto, sarà come un’onda di marea che risolleverà tutte le barche [ossia gioverà a tutti i settori discografici]. Per l’altra questione, la controllerò di più. Non era sul mio “radar”.

Q: Sembra proprio ci fosse la possibilità di incidere [verso] un cambiamento positivo, perché internet ha aperto tutte queste possibilità su come le band possano relazionarsi con i loro fans, senza delle società nel mezzo. Non mi aspetto certo che siano i Rolling Stones a capo di questa causa perché sono universalmente riconosciuti per quello che sono e cosa rappresentano. Forse è ingiusto aspettarselo da voi?

A: Con gli U2, tu ci tieni su uno standard differente, e ci stai dicendo: usate il vostro idealismo per risolvere problemi che vi riguardano di più. Questa è una cosa giusta da dire. Tranne quando si decide cosa togliere dalla mia scrivania al fine di metterci sopra qualcos’altro di diverso. Ci riguarda da vicino ed è una domanda giusta. Questa probabilmente è la risposta più sincera che potrai avere da me, ma ho pensato che, forse, questa è una lotta che non posso vincere senza rinunciare alle altre lotte, dove so come far rientrare i problemi tra le righe. Tutto il mio essere fisico odia dirlo, perchè penso sempre che io possa farlo. Questa è una domanda davvero giusta, e vorrei avere una risposta migliore. Ora, fottiti! (ride).

FONTE: ORLANDOSENTINEL.COM | TRADUZIONE: ANGELO @NOODLES105 & DANIELA MATTEI @DANIDPVOX | REVISIONE: GABRIEL @GABRIELECILLEPI

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