Apologia di POP
“Se c’è un album in cui gli U2 mostrano di avere davvero le palle…quello è Pop.”
Parola di Bono Vox.
Perchè proprio Pop? Perchè “Apologia”?
Ho preso questa parola greca (nella sua accezione originale che significa “discorso in difesa di”) anche se U2 non hanno bisogno di qualcuno che li difenda, sia ben chiaro, ma ho sentito il bisogno di dire la mia riguardo questo album.
Non ci sono anniversari o ricorrenze in vista. Ho scelto di parlarne deliberatamente perchè a mio avviso dopo 16 anni “di vita” questo album ancora non riesce ad essere apprezzato come deve.
Mi rendo conto che risulta uno degli album degli U2 tra i più difficili da assimilare e comprendere ma, sempre a mio avviso, ci troviamo di fronte ad un capolavoro.
Oscuro. Rinnegato. Ma pur sempre un capolavoro.
Pop inizia decisamente “su di giri”. Discothèque è brillante, mondana e sfacciata.
Forse all’inizio questo album sarebbe potuto essere la colonna sonora per una maestosa festa estiva di fine anni ’90…e invece dall’edonismo e dalla apparente spensieratezza di Discothèque si comincia a sprofondare sempre di più in un baratro che pare non avere una fine.
Dalla danza, dalla spensieratezza si arriva alla disperazione più totale.
Abbiamo l’invito. Andiamo a questa festa di fine anni ’90 allora.
Entriamo in questa enorme villa con spiaggia privata. La pista da ballo è già piena e dalle casse esce un suono che ricorda tanto un vortice, poi arriva una chitarra tagliente e infine la voce di Bono che ci canta una specie di indovinello sull’amore.
Tra hard rock e uno strano ritmo che sembra quasi dance siamo trascinati in pista (ma sono davvero gli U2 questi che suonano? non l’avrebbe mai immaginato nessuno un sound del genere) dove tutti si stanno scatenando, qualcuno si bacia, qualcuno si droga.
Piaceri “della carne” e sofferenza e struggimento (neanche troppo velato) del cuore al tempo stesso. Ecco cosa è Discothèque.
“Grandi temi per lo scantinato…ecco cosa è Pop”.
C’è da dire che alcune metafore di Bono sono più efficaci di qualsiasi formula matematica per farci afferrare il senso delle cose.
Mentre stiamo ballando notiamo una bella ragazza (deve essere una tipa di quelle “facili” per stare ad una festa del genere) e ci avviciniamo a lei mentre parte un groove travolgente dalle casse.
Do you feel loved è un inno al sesso. Ha qualcosa di profondamente istintivo ed animalesco.
Cosa si può rispondere a versi come “L’amore è come un toro che spinge nel ventre di una donna” ?
Stabilito un punto di contatto con questa ragazza non resta altro da fare che appartarsi con lei e consumare un amplesso con una perfetta sconosciuta…che gran festa!
Questa festa è così cool che sembra di essere nella Playboy Mansion.
Quanta frivolezza, quanta spensieratezza e che bella gente.
Ci prendiamo un bel drink di quelli forti e ci sediamo in una delle tante sale della villa.
Le donne si sono fatte prendere la mano quasi tutte dalla chirurgia estetica.
Sembrano temi perfetti per una canzone pop come The Playboy mansion.
La canzone è un altro esempio di come gli U2 ci vogliano “ingannare” ma soprattutto vogliano spingerci a guardare oltre la superficie delle cose.
Non bisogna mai fermarsi alla punta dell’iceberg.
La canzone è una sorta di metafora del paradiso che contiene anche una riflessione come “le banche sono come le cattedrali e penso che i casinò abbiano preso il loro posto”.
Lo stesso discorso vale per Miami (che potrebbe essere benissimo dove questa festa sta avendo luogo) che descrive in maniera pittoresca e molto colorata la calda città americana.
Musicalmente la canzone è un pezzo folle. Presenta un ritmo trip hop potremmo dire, che finisce sfociando in un hard rock che però non riesce ad esplodere.
Mentre sorseggiamo il nostro drink in questa magnifica sala vediamo che la ragazza con la quale abbiamo avuto un amplesso prima ci passa davanti ignorandoci totalmente…
Dov’è finito l’ardore di prima? Tutto quel coinvolgimento…
La rincorriamo cercando di parlarle un attimo.
Ci spostiamo di nuovo sulla pista da ballo dove sta partendo un pezzo lento.
Sembra parlare di un vestito molto particolare.
Iniziamo a ballare con questa splendida ragazza e ci facciamo rapire totalmente dall’atmosfera magica.
If you wear that velvet dress è davvero un pezzo magico. Come dice il produttore dell’album Howie B: “ci ho messo un casino di jazz in quella canzone. Jazz e sesso”.
Un connubio perfetto.
Il testo della canzone riesce contemporaneamente ad essere romantico e sexy.
La canzone si avvia alla conclusione e ci accorgiamo che la ragazza con cui stiamo ballando è totalmente distratta, si guarda intorno nervosa.
Tutta la pista da ballo sulla spiagga è ancora rapita dall’atmosfera della canzone tranne lei.
La musica finisce e rimane solo il lieve rumore delle onde del mare mentre lei se ne va dalla pista da ballo senza neanche salutarci.
“Pop fa parte di una specie di trinità terrena. Achtung Baby è per il cuore, Zooropa è per la mente…Pop è per lo spirito.” – Bono –
Iniziamo a sentirci un po’ a disagio a questa festa che prima ci sembrava tanto cool.
Ci vuole un altro drink forte.
If God will send his angels è un pezzo che risente ancora molto delle influenze di Zooropa (come dice Bono è un “gospel fantascientifico”) ma soprattutto è una ballad in pieno stile U2.
Crisi di fede. Di questo si comincia a parlare ora seriamente in Pop.
La canzone per quanto abbia degli attimi “luminosi” è piuttosto triste e desolante.
Tra poliziotti corrotti, mendicanti vestiti da Babbo Natale e madri che spacciano per poter sfamare i loro figli Bono, ci dice che probabilmente Dio ha staccato il telefono.
Un’immagine magnifica a mio avviso.
I drink cominciano ad essere tre o forse quattro e l’alcol comincia a farsi sentire.
Dalle casse ora esce un ritmo micidiale, un muro di suono con una batteria martellante che ti rimbomba nel torace.
Mofo è un pezzo clamoroso.
Sostanzialmente è un pezzo rock and roll a cui sono stati aggiunti elementi propri della musica dance e techno.
Mofo (che è la contrazione della parola motherfucker) è un pezzo che parla del fatto sono solo le cose essenziali della vita che ti rendono ciò che sei.
Per Bono il fulcro di tutto ciò è la morte della madre e quando arriva la dichiarazione a metà canzone “Mother am I still your son?” è qualcosa che fa venire davvero i brividi.
Quando si parla di “mostrare di avere le palle” io penso proprio a questa canzone. Ascoltare per credere.
Presi dal ritmo della canzone non ci siamo accorti che è arrivata un’ambulanza.
Si crea un capannello di persone e c’è molta confusione ma ci vuole poco a capire che qualcuno si deve essere sentito male (in una festa del genere tra alcol e droga si può esagerare sempre).
Ci facciamo strada fra la calca e vediamo la ragazza che abbiamo conosciuto prima su una barella con gli infermieri vicino a lei.
Ha davvero un brutto aspetto. Eppure prima era così vitale e scatenata…
L’ambulanza riparte a tutta velocità e probabilmente questa ragazza non la vedremo mai più in vita nostra.
Last night on Earth è un pezzo che è stato finito l’ultimo giorno di registrazione e purtroppo ha risentito di una certa fretta come qualche altro elemento dell’album.
La canzone parla di un certo tipo di donna molto energica che è solita frequentare feste piuttosto estreme.
La canzone è molto più profonda di quello che può sembrare perchè affronta il tema del suicidio. La ragazza di cui si parla forse è “solo” un’altra anima persa e disperata che abita questo mondo.
Ok la festa sta prendendo decisamente la piega che non ci aspettavamo.
Decidiamo di farci un altro drink, forse a questo punto è meglio ubriacarsi per non pensare più a nulla.
Ci allontaniamo dalla pista da ballo, i ritmi sincopati e i bassi diventano un sottofondo lontano.
La vera musica ora sono le onde del mare che si infrangono sulla riva con il loro moto perpetuo. E’ una notte limpida e meravigliosa di metà estate.
Guardiamo le stelle e ci perdiamo nei nostri pensieri.
Una canzone cardine di Pop è Please.
Uno dei capolavori indiscussi degli U2 che riprende alcune tematiche di Sunday bloody sunday sconfinando però nella tragedia personale dell’uomo moderno.
E’ una delle testimonianze più struggenti, sofferte e commoventi della band irlandese.
Il testo è da ascoltare e da leggere tutto d’un fiato.
Ovviamente si parla di morte, attentati e dell’Irlanda del Nord ma è una canzone sul sentirsi vittima del mondo e della vita. E’ una canzone sull’ipocrisia dell’essere umano.
Sono circa le quattro del mattino, forse le cinque ma ancora non c’è traccia dell’alba.
La festa si era presentata sotto un’altra luce. E’ stata una nottata strana iniziata al massimo e che ora sta finendo nella depressione più totale.
Wake up dead man è la canzone che chiude Pop ed è un blues macabro che aveva preso forma all’inizio delle sessions di Zooropa.
Forse è il pezzo più cupo e disperato che abbiano mai scritto gli U2.
Bono qui parla a nome di tutti gli uomini disperati in cerca di qualche appiglio tra le tempeste della vita.
Ma Dio continua a non rispondere.
Bono è un uomo con una fede molto forte, lo sappiamo, ma in Wake up dead man appare disperato come mai abbiamo visto.
La performance della band (con Larry e Adam in evidenza) è veramente fantastica e chiude il disco in maniera ancora più lugubre (se possibile) di Love is blindness su Achtung Baby.
“La gente vorrebbe credere ma è arrabbiata. Se Dio non è morto, avremmo alcune domandine da fargli.” Ancora parole di Bono.
Sul finire del secolo l’uomo moderno appare davvero in crisi con il mondo che abita e la vita che vive.
Ormai è praticamente l’alba e l’orizzonte inizia a colorarsi di un lieve arancione.
La festa che abbiamo abbandonato qualche ora prima sembra un ricordo lontano, solo la musica che ancora esce dalla casse ci ricorda dove siamo.
Gone è un’altra canzone cardine di Pop.
Il pezzo si riferisce anche in qualche modo a Bill Graham (amico e giornalista della band scomparso nel 1996) ma è una canzone che parla della celebrità, delle tentazione, sulla vita da rockstar.
Fu uno dei primi pezzi ad essere composti e subito tutti si accorsero del suo potenziale enorme e della sua enorme carica emotiva.
Gone è una specie di esplosione di luce ed emotività. E’ come un barlume di verità nella confusione più totale.
Magica.
Ormai il sole sta sorgendo. L’effetto dell’alcol sta passando e la festa è praticamente finita.
Non riusciamo però ad alzarci da terra e rimaniamo a fissare il mare e il cielo che da arancione sta passando ad un color oro.
C’è il sole ma sembra ancora notte. Dovremmo sentire il tepore sul nostro viso ma invece sentiamo ancora il fresco della notte.
Perchè?
Staring at the sun è una canzone pop-psichedelica se così si può definire.
Nel testo sono mescolati riferimenti alla situazione in Irlanda del Nord, riferimenti personali, riferimenti alla band e ad Alison (la cui presenza è molto forte nell’album).
Nella canzone ci sono forti riferimenti alla sua attività umanitaria per Children on Chernobyl.
La canzone riesce ad essere positiva e paranoica al tempo stesso.
Il fulcro comunque è il testo: “Non sei l’unica che fissa il sole / Impaurita da ciò che potresti trovare / Non solo sordo e muto / Sto fissando il sole / E non sono l’unico che sarebbe felice di diventare cieco”
Sconvolgente.
Il dramma dell’uomo moderno continua e pur di non vedere più quello che sta diventando il mondo vorrebbe farsi bruciare gli occhi dal sole e non vedere più niente.
Perchè?
–
Pop forse è stato ideato come un certo tipo di album ma la piega che poi hanno preso le cose lo ha portato in ultima analisi ad essere il prodotto che abbiamo oggi.
Come dice Niall Stokes nel libro “U2 dentro al cuore” (che ringrazio per essere sempre continua fonte di ispirazione e di aiuto per i miei articoli): “Pop si presenta con un’immagine veramente tetra, dipingendo un mondo privo di valori, traballante e sull’orlo della rovina”.
Pop fa paura perchè è tremendamente vicino alla realtà.
E’ un disco immenso e a suo modo un capolavoro.
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